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Cronaca, Esteri, Occhio di Pernice

I giorni più lunghi di Macron

05.12.2024

La mozione di sfiducia al governo mette l’Eliseo di fronte a scelte difficili mentre si prepara a celebrare tra pochi giorni la riapertura della cattedrale di Notre Dame con un nuovo Premier e accogliere il neoeletto Presidente statunitense Donald Trump. Panoramica sulla crisi francese.

Appaiono lontani anni luce i tempi in cui Nicolas Sarkozy e Angela Merkel sorridevano alla domanda posta dai giornalisti a Bruxelles sulle misure anticrisi attese dall’allora governo Berlusconi. Era il 23 ottobre 2011. Tredici anni dopo, la Francia si trova a fronteggiare una crisi politica delicata, determinata dalla mozione di sfiducia al governo di Michel Barnier, affossato dall’azione congiunta della sinistra e dell’estrema destra alleate. Che equivale all’ennesima bocciatura della linea del presidente Emmanuel Macron, che aveva deciso di richiamare i connazionali alle urne dopo la sconfitta del suo partito alle Europee.

Le proposte del primo ministro decaduto erano finalizzate a riportare la Francia, che rappresenta il 16,6 per cento del Pil della UE e la seconda economia tra i Paesi comunitari, in linea con il Patto europeo di stabilità e crescita. Tagli e tasse, ovvero la manovra che prevedeva 40 miliardi di euro di riduzione della spesa e 20 miliardi di euro di entrate aggiuntive, non sono piaciute. Ma la preoccupazione che si è generata a Bruxelles non riguarda tanto la stabilità economica della Francia, quanto piuttosto l’impasse tutta di natura politica che rischia di protrarsi a lungo.

C’è chi vorrebbe che Macron lasciasse anzitempo l’Eliseo (il suo mandato scade nel 1927), ma le sue dimissioni non risolverebbero il problema della rappresentanza politica, perché si andrebbe subito alle elezioni presidenziali, mentre quelle legislative verrebbero convocate non prima dell’estate. Ed è il protrarsi dello stallo politico a determinare alla lunga il rischio di contraccolpi alla stabilità economica del Paese. La cui voce nell’Unione Europea rischia di indebolirsi proprio in avvio del nuovo mandato della presidente Ursula von der Leyen, con la Commissione e il Parlamento di Bruxelles chiamati a delineare le nuove strategie su tematiche sfidanti come clima, intelligenza artificiale e competitività industriale, mentre incombono le decisioni internazionali di geopolitica per sedare il conflitto in Ucraina e riportare la pace in Medio Oriente. La Francia, si dirà, è uno dei 27 membri della UE. Ma ha e continuerà ad avere un peso politico e decisionale importante, sempre che non finisca ostaggio della crisi politica scatenata dai poli opposti. Alla luce di quanto sta avvenendo, ai nostri giorni Tito Livio scriverebbe «mentre a Parigi si delibera, Sagunto viene espugnata».

La società francese è investita dal malcontento, espresso dalle numerose manifestazioni sindacali. Macron, nel frattempo, sembra preoccupato di arrivare all’8 dicembre, giorno della riapertura della cattedrale di Notre Dame, con un nuovo premier e accogliere da leader dell’Eliseo il presidente eletto statunitense Donald Trump.

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