26 Dicembre 2024
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Cronaca, Istruzione

Le laureate online illuminano l’Italia

In Europa ci trainano le donne e gli atenei telematici, ma non basta. Di fronte al 43,1% di laureati europei, in Italia ci si è fermati solo al 30,6%. In aumento anche il numero dei laureati che trovano occupazione. Preoccupano i dati sulla scarsa competitività dell’istruzione italiana. Numeri e statistiche.

La buona notizia è che il numero dei giovani laureati in Italia continua a crescere, soprattutto grazie alle donne che superano abbondantemente la controparte maschile. La cattiva notizia è che la media europea è ancora lontana, soprattutto per quanto riguarda i titoli ottenuti nelle materie scientifiche. Se nell’Ue le persone tra i 25 e i 34 anni che hanno concluso gli studi universitari nel 2023 sono state il 43,1%, in Italia ci si è fermati solo al 30,6%. A tracciare lo scenario è il nuovo rapporto “Education & Training Monitor“, che ha fotografato il sistema di istruzione e formazione nei Paesi dell’Unione, realizzato annualmente dalla Commissione Europea.

In Italia, come abbiamo visto, sono le donne a laurearsi con maggior frequenza: il 37,6% contro il 24,4% del fronte maschile. Un rapporto coerente con i dati europei, anche se negli altri Paesi il divario non è così ampio (la forbice è, di media, dell’11,3%). Se ci si sofferma solo sui titoli ottenuti in ambito STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) però, la situazione si ribalta. La rappresentanza tra le donne rimane bassa, meno di un quarto del totale, comunque in linea con quanto avviene nel resto dell’Unione. Questa è una criticità da non sottovalutare poiché le nuove tecnologie, insieme alle aree sanitarie, sono quelle che garantiscono il miglior tasso di occupabilità e anche maggiori chance di ottenere contratti a tempo indeterminato.

A favorire l’aumento di laureati in Italia è il contributo delle Università telematiche. Negli ultimi decenni i giovani che si sono affidati a un istituto di istruzione universitaria online sono addirittura quintuplicati, raggiungendo le 180mila unità, a fronte di una popolazione studentesca delle università “tradizionali” sostanzialmente stabile. Probabilmente a determinare il successo di questo tipo di formazione è la maggior flessibilità della gestione dell’orario e della frequenza, unita anche alla riduzione dei costi.
Sembra banale sottolinearlo, ma all’aumentare del numero dei laureati è cresciuto anche il numero degli occupati. Sempre i dati relativi al 2023 dimostrano che il tasso di occupazione dei neolaureati (coloro i quali hanno ottenuto il titolo da meno di tre anni) di età compresa tra i 20 e i 34 ha raggiunto il 75,4%, con una crescita di 22,5 punti in 10 anni.

I diplomati in ambito professionale che trovano impiego nello stesso lasso di tempo sono invece il 62,2%, mentre quelli usciti dal liceo sono il 48,3%.
Spesso, com’è noto, molti giovani scelgono di intraprendere un percorso universitario all’estero o trovano lavoro in altri Paesi, dentro o fuori dall’Unione europea. A questo però non fa da contraltare l’arrivo in Italia di studenti o laureati stranieri.

La popolazione originaria da altri Stati Ue che ottiene in Italia un titolo di studi terziario è del 15,5%, mentre a provenire da paesi non Europei sono solo il 13,1% del totale. Questo testimonia una scarsa competitività dell’istruzione italiana e un’atavica difficoltà ad attrarre persone altamente qualificate.

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