11.12.2024
Tra le donne riuscite a rifugiarsi nei centri antiviolenza il 40% dichiara di aver subito questo aspetto della sottomissione, che consiste nel controllo economico della vittima privandone il potere decisionale sulla gestione finanziaria delle proprie risorse. Chi sono, quali forme e collegamenti culturali. La denuncia.
La violenza sulle donne ha varie forme e una di queste, spesso non considerata e sottovalutata, è quella economica. Eppure, a leggere i dati c’è di che preoccuparsi visto che, secondo dati Ipsos, una su due l’ha subita almeno una volta nella vita.
La violenza economica è stata riconosciuta come forma di sopraffazione dalla Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica del 2011. Sono passati molti anni da allora, eppure è una dinamica tossica che resta ancora molto difficile da individuare, perché culturalmente radicata e spesso totalmente accettata dalle donne stesse.
Quelli in cui queste ultime consegnano il proprio stipendio al marito che lo gestisce totalmente, magari senza condividere informazioni sull’ammontare del denaro disponibile in famiglia e sul modo in cui viene speso, non sono purtroppo casi isolati. Per motivi culturali e dinamiche ancora radicate si tende a confondere con una divisione delle incombenze gestionali quella che, di fatto, è una vera e propria forma di controllo.
Spesso la violenza economica, come spesso succede, inizia con gesti semplici e trascurabili e che vengono scambiati per una sorta di protezione da parte del partner. Si comincia con un banale «Non ti preoccupare, ci penso io» e si finisce in un vortice di dipendenza. Molto spesso chi ne è vittima non si ribella perché non riconosce il problema. È significativo, infatti, che soltanto poco più della metà degli intervistati (il 59%) ritiene “molto grave” questa forma di abuso.
Ci sono vari tipi di violenza economica. È controllo economico quando alla vittima viene tolto ogni potere decisionale sulla gestione finanziaria, per esempio negandole l’accesso al conto corrente e costringendola a chiedere autorizzazione per ogni singola e minima spesa. Quando l’autore della violenza impedisce al partner di avere un lavoro che possa garantire autonomia, si parla di sabotaggio economico, mentre se al contrario viene costretto a lavorare sodo per poi confiscare tutti i guadagni si tratta di sfruttamento economico. In tutti questi casi il denaro viene usato come arma per impedire all’altra persona, spesso la donna, di sviluppare una propria indipendenza sia sul piano relazionale che psicologico.
Tra le donne che sono riuscite a rifugiarsi nei centri antiviolenza, raccontano i dati Istat, ben il 40% riporta di essere stata vittima di un qualche tipo di violenza economica. Un dato allarmante, che fa ben comprendere come spesso questo tipo di dinamica di potere sia sottovalutata. Si potrebbe pensare che si verifichi solo in presenza di altri tipi di abuso a cui è collegata a doppio filo, ma non è così: subdola e poco vistosa, si riscontra con frequenza anche tra chi a chiedere aiuto non ci ha proprio mai pensato. Ad esserne colpite sono le casalinghe (41%), le lavoratrici in nero (32,9%) e le disoccupate (30,6%). Ma anche il 16% di chi un lavoro ce l’ha finisce per cadere nella trappola.