5 Febbraio 2025
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Cultura, Società

Il linguaggio moderno? Più simboli e meno termini

11.12.2024

Le lingue evolvono nella semplificazione, soprattutto tra i giovani. Emoji e sticker prevalgono sulle parole quando serve esprimere emozioni. Risultato: un quindicenne su cinque non sa leggere in modo fluente, presentando difficoltà di comprensione. Crescono i neologismi. Sguardo agli stati generali del linguaggio.

È un linguaggio più povero, ma pur sempre dinamico quello contemporaneo: è la fotografia scattata dallo studio condotto dal Centro di Data Science and Complexity for Society dell’Università La Sapienza di Roma e pubblicato sulla rivista Pnas. L’analisi, condotta su oltre 300 milioni di interazioni sui social network avvenute in 34 anni, lascia emergere un processo di semplificazione linguistica che si verifica nella maggior parte dei casi con una ridotta ricchezza lessicale e commenti sempre più brevi.

Una tendenza, questa, confermata anche dai dati pubblicati sul Times, secondo cui il 36% dei giovani tra i 18 e i 34 anni utilizzano sempre più spesso emoji, gif e sticker per comunicare pensieri ed emozioni in quanto pensano che, espressi sotto forma di immagine, siano più efficaci. Dunque, se da una parte potrebbe sembrare normale che sui social si utilizzi un linguaggio diverso da quello della vita quotidiana, dall’altra questo impoverimento lessicale si riflette anche nelle scelte lessicali di tutti i giorni. In particolare, per quel che riguarda l’Italia, dati allarmanti arrivano anche dall’ultima indagine Pisa dell’Ocse: secondo l’ente, infatti, nel nostro Paese un quindicenne su cinque non sa leggere in modo fluente, presentando difficoltà nella comprensione del testo a causa di una ridotta conoscenza lessicale.

Ma quali sono le conseguenze di un diffuso impoverimento lessicale? Da una parte, un’eccessiva semplificazione del linguaggio rischia di compromettere la qualità del dibattito pubblico, soprattutto in uno scenario come quello contemporaneo, sempre più complesso e interconnesso. In altri termini, una limitata capacità di comprendere e rappresentare la realtà. Dall’altra, poi, un discorso culturale: questa diffusa tendenza verso una standardizzazione linguistica mette in pericolo anche la diversità culturale, appiattendo sempre di più le differenze locali. La colpa, per così dire, però, non è solo dei social, e lo confermano anche i ricercatori, secondo cui la diffusione di un linguaggio più sintetico e visivo rappresenta l’accelerazione di un cambiamento già in atto. Infatti, una globalizzazione sempre più impregnante ha dato il via già da tempo all’interazione tra culture e lingue diverse, generando nuovi idiomi e modalità di espressione. I social network, poi, hanno fatto da catalizzatore.

Insomma, il mondo cambia, e noi con lui. E a dimostrarlo è anche la dinamicità della lingua, che, se da una parte si impoverisce, dall’altra non smette di generare dei neologismi. Evoluzione, sì. Ma ricordiamoci sempre la bellezza del dare vita ai nostri pensieri con parole diverse.

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