22 Dicembre 2024
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Esteri, Politica

Dove è l’Italia rispetto all’Occidente in affanno

16.12.2024

Paracadutisti paracadutisti militari NATO che saltano da un aereo da trasporto Lockheed C-130 Hercules durante l'esercizio Falcon Leap. Paesi Bassi - 16 set 2023.

I quattro Paesi che sono stati motori importanti dell’identità e della potenza del blocco occidentale sembrano in grosse difficoltà. Solo l’Italia sembra stabile, forte del suo eterno addestramento all’equilibrismo. Saprà trasformare la stabilità in vantaggio politico?

Germania verso il voto, Francia in bilico, Stati Uniti verso il cambiamento conservatore, Gran Bretagna in riassetto, Italia stabile. È questo il quadro, per certi versi inconsueto, con il quale si chiude il 2024. Un Occidente sempre più in affanno nell’affrontare le sfide del XXI secolo aperte, paradossalmente, dal tracollo del suo principale avversario nell’ultimo scorcio del XX. I quattro Paesi che sono stati, ciascuno a modo suo, motori importanti dell’identità e della potenza occidentale, sembrano più in difficoltà dell’Italia.

La sfiducia del Bundestag al cancelliere Scholz è solo l’ultimo segnale della crisi degli equilibri dentro e fuori l’Europa. L’incapacità di dare seguito forte ai 14 anni di cancellierato di Angela Merkel rappresenta in parte il fallimento delle sue politiche passate – prima tra tutte quella energetica, imposta anche all’Europa – e in parte l’inadeguatezza strutturale della Germania ad adattarsi alle sfide impreviste. Pochi si aspettano che il centrosinistra riesca a vincere le elezioni che, quasi inevitabilmente, scaturiranno dalla sfiducia. In questo quadro, la debolezza tedesca si trasforma in debolezza europea attraverso la figura di Ursula von der Leyen, la cui capacità di ottenere l’appoggio del futuro governo tedesco non sembra destinata a essere molto forte.

Anche la Francia assiste alla fine del blocco sul quale si è retta la Quinta repubblica. Le ripetute sfide all’ultimo voto alle presidenziali non si traducono più in maggioranze di governo in grado di arginare la destra lepenista o, comunque, populista. Il 4 dicembre si è consumata la breve esistenza del governo di Michel Barnier, affossato dalla sfiducia. Tra poco toccherà al centrista François Bayrou tentare di dar vita al nuovo governo capace di trovare una maggioranza senza le due ali politiche uscite vincitrici dalle urne in giugno. Per legge, Macron non può indire nuove elezioni fino a luglio, cioè fino ad un anno dalle precedenti. Ma fa poca differenza: senza un qualche successo decisivo, è chiaro che la prospettiva di perdere nuovamente sia molto forte.

In USA, Trump si propone di ribaltare completamente il modello sociale e politico. Attraverso nomine di fedelissimi, intende trasformare il governo federale in qualcosa al tempo stesso più piccolo e più asservito al suo potere personale. Le nomine di Patel all’FBI e di Lake alla Voice of America vanno in una direzione autocratica mai vista prima negli USA, così come le cause ai media, rei di criticare il presidente. Questo significa che la discussione e il dibattito delle scelte più estreme – per esempio in politica estera, in chiave anti-NATO – non troveranno molto spazio.

Il Regno Unito di Keir Starmer, intanto, fa i conti con le casse vuote e i servizi ridotti ereditati dalla Brexit, i cui benefici effetti non si sono materializzati. Scontati nuovi tagli alla Difesa, già ridotta ai minimi termini. Solo l’Italia sembra stabile, forte del suo eterno addestramento all’equilibrismo. Il governo Meloni sfiora già gli 800 giorni durata, a un passo dal Moro III (852 giorni) e dal Prodi I (885). L’Italia saprà trasformare la stabilità in vantaggio politico? Difficile dirlo a dicembre, tempo di bilanci. Per guardare al futuro, bisognerà aspettare di sapere se le ex locomotive sapranno rimettersi in corsa e verso quale meta.

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