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L’esercito Big Tech unito attorno al Presidente

19.12.2024

I Big di Silicon Valley che hanno evitato l’endorsment ora corrono per farsi perdonare. Tutti uniti contro il rivale cinese, e in linea con la proposta del Ceo di Google: un grande progetto infrastrutturale che coinvolge l’intero ecosistema tecnologico USA nel campo dell’Intelligenza artificiale. Focus sulla guerra tecnologica di Donald Trump.

E pensare che Donald Trump lo aveva perfino minacciato: «Se utilizzerai il tuo social per far eleggere Kamala Harris, ti faccio mandare in galera». Mark Zuckerberg era insomma un nemico, così come lo erano Jeff Bezos, Sundai Pichar e Tim Cook, i padroni dell’hi-tech che non avevano fatto endorsment nei confronti del prossimo capo della Casa Bianca durante la campagna elettorale. Ma si sa: business is business. E così adesso, escludendo l’uomo che nel governo c’è già, ovvero Elon Musk (che infatti non vede la cosa di buon occhio), i numeri-uno della tecnologia americana fanno a gara a baciare la pantofola a The Donald, con finanziamenti (postumi) da 1 milione di euro e pranzi a Mar-a-Lago. L’obbiettivo, si dice, è un Progetto Manhattan dell’intelligenza artificiale. Per dominare il mondo e, soprattutto, sconfiggere la Cina grazie all’arma digitale.

I giorni delle liti e delle minacce sembrano insomma ormai un ricordo nella Silicon Valley. La proposta di Pichai, Ceo di Google, riflette questa aspirazione: un grande progetto infrastrutturale che coinvolga l’intero ecosistema tecnologico americano per accelerare i progressi in questo campo cruciale. Unendo i principali colossi tecnologici, tra cui Meta, Apple e Microsoft, in un’alleanza per lo sviluppo dell’IA. La sua proposta arriva poco dopo un’iniziativa simile avanzata da una commissione bipartisan del Congresso, che ha suggerito la creazione di una partnership pubblica-privata per rafforzare la leadership americana in questo settore strategico e contenere l’avanzata cinese. D’altronde, la Cina è percepita come il principale rivale degli Stati Uniti già dal primo mandato Trump, che ha definito la potenza asiatica una “minaccia primaria”. In vista del suo ritorno alla presidenza, il Congresso sta lavorando a una legge che vieti la vendita di microchip avanzati ai Paesi che potrebbero rivenderli a Pechino, e allo stesso tempo si prevede che il governo americano assegni contratti milionari per lo sviluppo di tecnologie IA, cloud e data center, puntando a consolidare la leadership statunitense.

Ecco, insomma, il perché del “contrordine compagni”, anche se c’è sempre da superare la visione di Musk, che in passato ha abbandonato i progetti sull’intelligenza artificiale accusando il gruppo di non affrontare adeguatamente i rischi etici della tecnologia. Proponendo una moratoria di sei mesi sullo sviluppo per valutarne i pericoli, in contrasto con la strategia espansionistica di OpenAI. Intanto, però, la decisione di Trump di nominare il venture capitalist David Sacks come responsabile delle politiche della Casa Bianca su IA e criptovalute segnala un cambio di approccio. Ed è per questo che la Silicon Valley spera di sfruttare il momento per ristabilire rapporti meno conflittuali con il governo, dopo un periodo segnato da restrizioni e indagini antitrust. Insomma: andare dalla parte di Donald per fare affare tutti. Perché poi, in fondo, tra imprenditori ci si intende.

 

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