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Tombola e fortuna scrivono la storia napoletana

21.12.2024

Nella città de’ ‘nummere, la Tombola Napoletana è intrisa di significati culturali. Le cartelle sono spesso illustrate con immagini e simboli tipici della realtà multiforme, come il Vesuvio, la sfogliatella, il babà, o gli artisti della commedia dell’arte. In un intreccio tra gioco e divinazione che rende il Natale più ricco e stimolante.

Percorrere l’intrico dei vicoli dei Quartieri Spagnoli equivale a immergersi nel “ventre molle” di Napoli (Matilde Serao) per suggerne suggestioni speciali. Ma con un’opera da sfogliare, dalla quale zampillano le immagini di Antonio Biasucci sui numeri tratteggiati da Mimmo Paladino, significa fare una fantastica giocata artistica pronti a pronunciare il fatidico “Tombola”, quando il tabellone si fa libro e dà un volto ai numeri stessi, al loro significato onirico.

E anche chi perde, sognando, tra queste mura sbrecciate da una storia complessa e insieme fantastica di una città che è stata capitale, lascia spazio ad un’altra possibilità, per riprovarci. Come se i numeri intrecciassero una sottile ragnatela tra piazze e strade, case illuminate e il “silenzio cantatore” dei pastori del presepe, per accendere la fantasia di piccoli e grandi attorno ad un tavolo e festeggiare con il gioco, così, il Natale. Nella cultura tradizionale napoletana il dirompente successo della tombola e del lotto di cui è figlia, affonda le radici in credenze immarcescibili, sul filo della fantasia che lega gli avvenimenti della realtà ai novanta numeri che compongono la Smorfia, una sorta di libro dei sogni custode di passato, presente e futuro. 1734: l’ostinazione di re Carlo III di Borbone deciso a sospendere il gioco del lotto nella settimana delle festività natalizie, “perché il popolo non doveva distrarsi dalle preghiere”, scatenò l’inventiva popolana che lo trasformò da pubblico ad una sorta di lotto familiare, artigianale. Il divieto venne aggirato e ad ogni numero fu affiancato il loro significato: l’embrione della cabala. Nasceva la tombola napoletana, che dopo trecento anni, resiste indomita alla versione del Bingo o alle trasformazioni delle piattaforme online (con partecipazione da ogni parte del mondo), conservando quell’aura ingenua di meraviglia che soltanto il panariello (il cestino di vimini, con la forma del tombolo) dal quale estrarre i cilindretti numerati può regalare.

Ma nella città dove l’ordinario diventa straordinario anche il gioco si traveste e diventa la tombola dei femminielli (maschi con atteggiamenti marcatamente femminili), che lega ogni numero “tirato” fuori ad un commento salace in un coacervo trascinante di intrecci, ironia, allusioni sessuali, storie comiche e sfottò. Tra sacro e profano, nei bassi (vasci), con i panni stesi e l’immagine dello scudetto calcistico degli amati azzurri, in attesa o dopo il cenone natalizio a base di pesce, il codice della Smorfia fa riaffiorare la funzione sacrale degli eunuchi, sacerdoti di Cibele insieme ai ministri del culto della grande Madre del bacino mediterraneo, impegnati a far da tramite al volere degli dèi, per distribuire le sorti (la ciorta) per l’anno nuovo e fungere da buon auspicio. Il passato che ritorna, e affonda le radici in una tradizione antichissima legata alla celebrazione della fecondità.

E oggi schivando (ove possibile) le insidie dei pacchetti turistici del tutto compreso (leggi, banalizzazione spettacolare), si affida, magari, alla raffinatezza della scostumatissima tombola di Gino Curcione, attore di vaglia, che in “Nummere” (numeri), al Teatro Stabile d’Innovazione, veste i panni di una prorompente popolana impegnata in un garbuglio linguistico, partendo dalla astrattezza della numerologia (assorbita dai greci fondatori di Parthenope), mediante divinazione e interpretazione dei sogni, per tradurre, poi, la realtà pulsante dei vicoli. Un magma incandescente di simpatia e affettuosa provocazione travolge gli spettatori, i vincitori degli ambi, dei terni, etc., vera partecipazione attiva di un gioco che si trasforma in spettacolo e viceversa. La cultura popolare fa festa, e pazzianno e ridenno (giocando e ridendo) svela l’identità d’un’intera città. Legata alla bizzarria della fortuna.

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