23 Febbraio 2025
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Cronaca, Economia

Debito pubblico, il male dell’economia contemporanea getta la sua ombra sull’Italia

26.01.2025

Lo scorso novembre, abbiamo superato i 3mila mld di euro toccando un nuovo record. Strada in salita per il Bel Paese che nel 1994 arrivò alla quota mille, poi duemila nel 2012: sono bastati solo dodici anni per accumulare un “peso” pari alle due somme messe insieme. Prospettive non promettenti per i prossimi decenni. Strumenti e conseguenze.

La boa appena superata è sì simbolica, ma porta con sé anche numerosi significati. La Banca d’Italia ha certificato che il debito pubblico del nostro Paese ha superato i tremila miliardi: lo ha fatto lo scorso novembre, attestandosi a 3.005,2 miliardi di euro e fissando così un nuovo record. Più preoccupante è l’aumento rispetto al mese precedente, che ammonta a 23,9 miliardi e in tal senso rappresenta una nuova accelerazione.
Il vero, colossale problema sta nel fatto che le nuove norme fissate dall’Europa impongono agli Stati membri UE di seguire un rigoroso percorso per ridurre i propri debiti in maniera sostenibile. Un bel guaio, dato che nel corso del 2025 l’Italia è tenuta a restituire 250 miliardi in bond, ossia titoli di credito statali (nel 2022 erano 259 miliardi, divenuti 262 l’anno dopo). E questi soldi dovranno arrivare dal gettito fiscale, ossia dalle nostre tasse. Che non potranno quindi coprire spese essenziali per il welfare del Paese.
Il Paese continua a emettere titoli di Stato, che portano liquidità nelle casse del Paese ma che il cui capitale va ovviamente restituito alla scadenza. Secondo la Banca d’Italia, la vita media dei nostri titoli di debito attualmente in circolazione è di circa 7,8 anni. Solo istituzioni finanziarie nostrane (come banche o assicurazioni) ne detengono quasi mille miliardi. Il 30,5% è invece in mano a stranieri non residenti in Italia, mentre il 14,3% appartiene a imprese non finanziarie o comuni famiglie.

Questo sistema ha fatalmente scavato una voragine nel corso dei decenni. Il traguardo dei mille miliardi di debito pubblico è stato raggiunto per la prima volta nel 1994, mentre quello dei duemila risale al 2012. Come si può vedere, per raddoppiare il «rosso» delle casse statali sono serviti 18 anni, per triplicarlo ne sono bastati dodici. Un’ulteriore riprova dell’insostenibilità del sistema.
Per mettere questi numeri più in prospettiva, la stessa Banca d’Italia ha voluto precisare: «Gli aumenti di novembre derivano da disponibilità liquide che in quel periodo erano particolarmente ingenti ma, dal punto di vista economico, lo stato di salute delle finanze pubbliche di un Paese non si valuta analizzando il valore nominale del debito pubblico, bensì il suo andamento. Studiando, cioè, la capacità del Paese di fare fronte ad esso».
Per capirci meglio: il debito pubblico va letto non da solo, ma in relazione al PIL (prodotto interno lordo, ossia il valore di tutti i beni e servizi che quel Paese genera). Se il loro rapporto pende troppo a vantaggio del primo, allora sorgono i problemi. E l’Italia ne ha: il Piano strutturale di bilancio del Governo parla di un debito pubblico che nel 2024 supera il 135,8% del PIL. Questo dato è in crescita dal 2023 (134,8%) e nella storia del Paese è stato superato solo in epoca Covid (fu del 154,9% nel 2020, del 147,1% nel 2021 e del 141,7% nel 2022). Per respirare bisognerebbe arrivare al 100%, ma a Palazzo Chigi prevedono che nel 2038 saremo ancora a 120% e nel 2041 a 113%. E questa, per le generazioni presenti e future, sarà una bella zavorra.

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