12 Marzo 2025
Milano, 11°

Economia

Ecco perché le bollette sono diventate una trappola

La crisi climatica, nutrita dagli oltre 17 miliardi di tonnellate di combustibili fossili bruciati ogni anno, sta accelerando. Moltiplica incendi come quelli che hanno devastato Los Angeles e alluvioni come quelle che hanno sconvolto Valencia. Dunque per costruire un’economia stabile, capace di difendere la vita e i posti di lavoro, sembrerebbe logico investire in tecnologie che hanno un futuro perché rispondono ai bisogni presenti: migliorare i servizi e i beni prodotti e garantire la sicurezza fisica ed economica.

Un termometro di questa capacità è l’elettricità da fonti rinnovabili: l’unica che permette di spingere sull’innovazione tecnologica diminuendo il rischio climatico. Ma perché il sistema funzioni anche nell’immediato c’è bisogno di un meccanismo che trasferisca nelle bollette il livello di virtuosità del sistema elettrico.

L’elettricità da rinnovabili costa meno della concorrenza fossile quasi ovunque. Il vantaggio però non si traferisce nelle bollette perché il prezzo di tutta la produzione elettrica è determinato dal mercato marginale, cioè dal prezzo dell’ultima fonte chiamata in causa per soddisfare la domanda (in genere una centrale a gas o carbone). Questo meccanismo ha portato in Italia a un costo dell’elettricità troppo alto. Che si può fare?

L’azzeramento dello spread tra il prezzo di riferimento italiano e quello del Ttf di Amsterdam è probabile ma non risolutivo. Il governo sta esaminando altre opzioni. Una è la sospensione della tassa sulle emissioni di CO2: un’ipotesi in diretto conflitto con le politiche di difesa dalla crisi climatica. Ridurrebbe il costo delle bollette ma aumenterebbe quello di siccità e alluvioni. In ogni caso ci vuole il via libera di Bruxelles.

L’altra opzione cara al governo è il rilancio del nucleare. Ma, parlando solo di costi senza prendere in considerazione i rischi, c’è da leggere la relazione della Corte dei Conti francese. Dopo aver osservato che il reattore nucleare Epr costruito a Flamanville ha avuto 12 anni di ritardo ed è costato 23,7 miliardi di euro invece dei 3,3 miliardi previsti, la Corte ha suggerito di rimandare il progetto dell’EPR2. E i francesi, nel campo del nucleare, sono il numero 1, difficile immaginare che il governo Meloni faccia meglio. Inoltre i tempi di realizzazione di una centrale nucleare sono tali da arrivare a giochi fatti sia dal punto di vista climatico che da quello del bilancio delle famiglie.

In campo, se si vuol essere realisti, rimangono altre possibilità autorevolmente indicate. Lo ha ricordato ieri anche Greenpeace: il report Draghi sulla competitività dell’Unione Europea sottolinea come l’Italia sia il Paese europeo che più dipende dal gas per definire il prezzo dell’energia — un pesante 80% — lasciando il costo dell’elettricità in balia della speculazione e delle crisi geopolitiche.

Ci sono vari sistemi per disancorare il prezzo delle rinnovabili da quello del gas e dare stabilità al mercato elettrico. I contratti a lungo termine (PPA) che permettono alle aziende di comprare energia rinnovabile a prezzi fissi, decisamente più vantaggiosi. Gli investimenti in batterie e idrogeno per immagazzinare l’energia rinnovabile prodotta nei momenti di picco. Il progressivo miglioramento delle interconnessioni per distribuire meglio l’energia rinnovabile. L’aumento dei livelli di efficienza. L’allargamento delle smart grid.

Di tutto ciò si vede scarsa traccia nell’azione del governo.  “Da ormai un anno e mezzo andiamo in giro con le tabelle in mano a chiedere al governo di intervenire disaccoppiando il prezzo dell’energia elettrica da quello del gas, correggendo le distorsioni del mercato che aumentano a dismisura le bollette”, ha sottolineato Elly Schlein. “E sono due anni che Giorgia Meloni è al governo, ma non fa nulla”. Diminuire le bollette e far crescere la sicurezza è non è una priorità per il Paese?

Condividi