18.02.2025
Nonostante le abbondanti piogge del 2023, le falde acquifere di Los Angeles si trovano ancora in una condizione di estrema scarsità. Lo rivela uno studio pubblicato su Science, condotto dagli esperti della Stanford Doerr School of Sustainability e dell’Università del Texas ad Austin.
Il team di ricerca ha sviluppato un nuovo metodo per monitorare il livello delle acque sotterranee utilizzando una rete di sismometri altamente sensibili. Questi strumenti hanno permesso di stimare la quantità d’acqua presente nelle falde acquifere della regione, che forniscono risorse idriche a circa 10 milioni di persone tra le contee di Los Angeles e Orange.
L’analisi ha preso in esame i dati storici relativi alle piogge del 2023, comprese quelle provocate dall’uragano Hilary ad agosto. Sebbene queste precipitazioni abbiano contribuito a ricaricare bacini superficiali e falde più vicine alla superficie, impoverite da decenni di siccità e sfruttamento idrico, la situazione complessiva è rimasta critica. L’acqua piovana non è stata sufficiente a ripristinare le falde più profonde, situate oltre i 50 metri sotto terra. Queste ultime, a differenza delle riserve superficiali, hanno recuperato solo il 25% dell’acqua persa dal 2006.
Il nuovo metodo di analisi, chiamato Seismic Drought Index, consente di misurare con precisione il deficit idrico a diverse profondità. I valori ottenuti confermano ciò che i gestori delle risorse idriche sospettavano da tempo, offrendo però una metrica chiara per comprendere meglio il legame tra precipitazioni e falde acquifere.
Il sistema si basa sull’osservazione delle vibrazioni e dei dati sismici raccolti nel corso di decenni. “Questi movimenti”, spiegano i ricercatori, “sono prodotti costantemente da diverse fonti, come il vento, il traffico e le onde oceaniche. Tuttavia, siamo rimasti sorpresi dalla precisione con cui le variazioni delle onde sismiche riflettono i livelli delle falde acquifere”.
Tradizionalmente, il monitoraggio delle riserve idriche sotterranee avveniva attraverso perforazioni di pozzi, un metodo costoso e limitato. Il nuovo approccio, invece, permette di analizzare contemporaneamente vasti bacini, fino a una profondità di 800 metri.
Questa tecnologia – concludono i ricercatori – potrebbe rappresentare una svolta. Sappiamo che la perdita di capacità di stoccaggio delle falde acquifere può essere irreversibile. Ci auguriamo che il nostro metodo aiuti le agenzie idriche a colmare le lacune nei dati di monitoraggio, migliorare i modelli idrologici e supportare le decisioni sulla gestione e conservazione dell’acqua.