21.02.2025
Da anni in Italia si parla di regolamentare il possesso di alcune razze di cani. Sono quelle che sbrigativamente bolliamo come “pericolose”: di fatto, alcuni terrier e molossoidi come i rottweiler o i mastini napoletani. Se ne parla da anni ma nulla è stato deciso. Nel 2003 l’ex ministro della Salute Girolamo Sirchia aveva stilato una lista che comprendeva 92 razze, poi scese a 18. Nel 2006 un altro ex ministro, Livia Turco, stabilì che le razze a rischio erano 17. Nulla si è mai tradotto in qualcosa di operativo. Fanno eccezione alcune amministrazioni comunali che si sono mosse in autonomia come ha fatto il Comune di Milano che organizza corsi ad hoc.
Ciclicamente il dibattitto torna sulla questione. Avviene ovviamente ogni volta che la cronaca nera incrocia il tema. In questi giorni riapre la questione la tragedia della piccola di 9 mesi – siamo ad Acerra, nel napoletano – sbranata dal pitbull del padre. Se il Codacons valuta in 70 mila le aggressioni di cani ogni anno, alcuni episodi inevitabilmente finiscono sulle pagine dei giornali. Tra i fatti più eclatanti, la morte vicino Roma – un anno fa – di un runner raggiunto e sbranato da tre rottweiler sfuggiti dal giardino privato di una casa.
Cani pericolosi, dove cercare le responsabilità?
Se gli episodi non mancano, la domanda a cui si fatica a rispondere è una: dove vanno cercate le responsabilità? Nella pericolosità delle razze o nella cattiva gestione da parte dei proprietari? Perché occorre partire da un presupposto: anche un barboncino morde, a far la differenza sono le conseguenze. Non esistono per natura cani più mordaci, esistono animali più forti. Per potenza, l’attacco di certe razze è devastante.
Secondo alcune ricerche, il morso di un esemplare di pitbull esercita una pressione pari a 130 kg. E non è il risultato più clamoroso. Il record sembrerebbe appartenere ad un molosso turco, il kangal capace di serrare le mascelle con una pressione attorno ai 300 chili. Per avere un termine di paragone, qualche anno fa il National Geographic Channel aveva provato a testare il morso dei lupi: le mascelle contratte sviluppavano una pressione di circa 180 kg.
È chiaro quindi che gli animali in questione, quelli che appartengono al generico elenco di razze pericolose, hanno bisogno di una gestione equilibrata e consapevole da parte dei proprietari. Non ha dubbi Marco Melosi, presidente dell’Associazione nazionale medici veterinari italiani (Anmvi), che spiega: ci sono cani che “non devono stare in mani sbagliate”; i proprietari di certe razze “devono sapere come gestirli e agire, ecco perché chiedo al Governo o al ministro della Salute Schillaci di prendere come esempio quello che ha fatto la Lombardia con il progetto di legge per il patentino per i cani pericolosi”, obbligatorio per cani come pitbull, american staffordshire, bull terrier, cane corso, dogo argentino e cani morfologicamente similari.
È allarme nei canili…
Che ci sia troppa leggerezza da parte dei proprietari lo dimostra anche un altro fatto: l’altissimo numero di abbandoni di esemplari delle cosiddette razze pericolose. I canili di tutta Italia sono pieni di pitbull e affini: solo in quello di Milano sfiorano il 30% del totale. Animali che rischiano di rimanerci a vita in un canile e la cui gestione è complessa perché spesso devono rimanere isolati dagli altri cani. Perché? Se non socializzati correttamente, come peraltro spesso accade, non sanno convivere con i propri simili. Nei fatti che succede? Si decide di prendere un rottweiler o un dogo argentino, ci si rende presto conto della complessità della loro gestione, a volte subentra anche timore per i loro comportamenti e l’unica soluzione che si trova è quella di scaricarli nel primo canile.
Che gli animali possano aver diritto a un futuro migliore di una gabbia, lo dimostra il lavoro quotidiano della Fondazione Cave Canem che prende in carico e rieduca i cani coinvolti in aggressioni anche letali.
Come funziona all’estero?
L’Italia è l’unica nazione del Vecchio Continente a non aver regolamentato il possesso di cani. Gli altri Paesi sono andati in ordine sparso con soluzioni a diversa intensità. Ci sono, ad esempio, nazioni che hanno deciso di vietare alcune razze pericolose, l’hanno fatto in Germania e nel Regno Unito. In Belgio c’è un registro specifico dove documentare il possesso di animali di determinate razze. In Spagna, c’è l’obbligo di una apposita licenza da rinnovare ogni cinque anni se proprietario di esemplari appartenenti ad un elenco specifico.
E in Italia? Al netto dei tentativi del passato, giace in Parlamento la proposta della senatrice di Italia Viva Raffaella Paita che chiede di regolamentare la materia. Nel frattempo, tutte le associazioni animaliste continuano a chiedere a gran voce che si lavori sulla cultura cinofila e linee guida nazionali per la felice convivenza dei cani nell’ambiente sociale in cui vivono.