Il miele adulterato ha i giorni contati. È stata appena pubblicata la prima norma UNI che introduce l’uso della spettroscopia NMR (risonanza magnetica nucleare) ad alta risoluzione per rilevare la presenza di zuccheri non naturali nel miele. Una svolta importante nella lotta contro le frodi alimentari, frutto del lavoro del Cnr di Milano in collaborazione con l’Ente Italiano di Normazione.
Un traguardo storico
La norma si chiama UNI 11972:2025 e rappresenta un traguardo storico: per la prima volta, viene ufficialmente riconosciuto il valore della tecnica NMR come strumento scientifico anche in ambito giuridico. Il nuovo metodo permette di individuare tre tra gli adulteranti zuccherini più usati per “allungare” il miele: inulina, zucchero invertito e sciroppo di mais o malto.
A sviluppare il protocollo è stato il gruppo di lavoro “GL 23 – Autenticità degli alimenti”, nell’ambito di un accordo tra UNI e CNR. A guidare il team, Roberto Consonni dell’Istituto di Scienze e Tecnologie Chimiche “Giulio Natta” (Cnr-Scitec), che spiega: “Il miele è sempre più a rischio adulterazione, anche per via della crescente scarsità dovuta ai cambiamenti climatici. Secondo un recente report del JRC, quasi la metà del miele importato in Europa non rispetta gli standard qualitativi previsti dalla direttiva UE”.
Si mescola il miele autentico con sciroppi zuccherini
Il trucco più comune? Mescolare miele autentico con sciroppi zuccherini di origine vegetale e basso costo, difficili da rilevare con le analisi tradizionali. Ma la nuova tecnica NMR permette di “leggere” la firma chimica lasciata da ogni singolo adulterante, anche in piccole quantità.
Il metodo è stato testato su tre varietà di miele (castagno, acacia e millefiori), contraffatte in laboratorio con percentuali di zuccheri tra il 10% e il 30%. Il protocollo messo a punto al Cnr-Scitec è stato poi condiviso con altri laboratori di ricerca in Italia, che hanno validato i risultati.
Il progetto ha coinvolto un’ampia rete di istituzioni: oltre ai ricercatori del Cnr (compresi gli istituti di chimica biomolecolare e sistemi biologici), anche le università di Milano, Parma, Padova, Bari, Modena-Reggio Emilia, Salento e la Fondazione Edmund Mach. Una sinergia tra ricerca e normazione tecnica che segna un passo avanti decisivo nella tutela della qualità del miele e nella difesa dei consumatori.