2 Maggio 2025
/ 30.04.2025

Jaspe, il chicco di riso più forte del cambiamento climatico

In Cile, dove la siccità non dà tregua ormai da 15 anni, è stata messa a punto una nuova varietà di riso, ottenuta dall'incrocio di semi cileni e russi, più resistente alle condizioni estreme

Il riso è l’alimento più consumato nel mondo. Si tratta di una delle prime piante ad essere coltivate circa 10 mila anni fa e dalla quale oggi dipendono oltre 3,5 miliardi di persone. Per millenni, l’umanità ha inondato le risaie per proteggere le piante. Secondo l’organizzazione delle Nazioni Unite, il riso è responsabile del 10% delle emissioni mondiali di metano; spesso associato alle mucche, questo gas serra è generato anche dai batteri che si sviluppano nelle risaie allagate. Ma la scarsità d’acqua rende oggi indispensabile la ricerca di metodi alternativi, più sostenibili ed economici, per produrre riso. Soprattutto in Cile, dove la siccità non dà tregua ormai da 15 anni.

Jaspe, il chicco russo-cileno

Nelle pianure a sud del Paese, sempre più colpite dalla mancanza di acqua, un esperimento apre nuove prospettive per la coltivazione del riso, grazie a una varietà in grado di garantire buone rese con meno acqua in condizioni climatiche estreme. Karla Cordero, ingegnera agronoma dell’Istituto nazionale di ricerca agricola (Inia), ha messo a punto una nuova varietà di questo cereale, Jaspe, ottenuta dall’incrocio di semi cileni e russi, più resistente alle condizioni estreme. Grazie a questa nuova varietà non transgenica, frutto di un lungo processo di selezione, ha potuto mettere in atto il Sistema di riso intensivo (SRI), una tecnica sviluppata negli anni Ottanta che mira in particolare a ridurre l’allagamento delle risaie.


Prossima sfida, il deserto

Jaspe resiste meglio “alle tempeste, alle inondazioni, alle ondate di calore”, aggiunge la ricercatrice osservando le spighe dorate nelle risaie. Seminata in file distanziate di 30 cm, la nuova varietà a chicco lungo ha richiesto solo la metà dei 2.500 litri d’acqua generalmente necessari per produrre un chilo di riso. Ogni seme ha dato origine a una trentina di piantine, quasi dieci volte di più rispetto a una coltura tradizionale. La tecnica sarà presto testata in Brasile, il più grande produttore di riso delle Americhe, in Uruguay e in Ecuador. L’obiettivo è quello di rendere il Cile un modello per le regioni “dove si producono grandi quantità di riso e dove c’è siccità”, osserva Cordero.
E mentre Jaspe sta prendendo il volo, con la commercializzazione sul mercato nazionale prevista dopo aver ottenuto nel 2023 il via libera dal ministero dell’Agricoltura cileno, Cordero sta già pensando alla sua prossima sfida: coltivare riso nelle terre desertiche di Arica, nell’estremo nord del Cile.

Da uno studio la conferma

Una prova che non sembrerebbe impossibile anche alla luce dello studio pubblicato sulla rivista Nature Genetics e guidato da Università di scienza e tecnologia King Abdullah (Kaust) dell’Arabia Saudita e da Università di Wageningen dei Paesi Bassi, con la partecipazione per l’Italia della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Nel report vengono svelati i segreti genetici del riso che costituiscono un’arma fondamentale contro la crisi climatica in atto e permetteranno a questa coltura, una delle più importanti del mondo, di adattarsi al caldo, alla siccità e a terreni più ricchi di sale.

Riso selvaggio

La selezione fatta per secoli dagli agricoltori, che hanno puntato a migliorare le caratteristiche nutrizionali e massimizzare le rese, ha molto ridotto e impoverito la diversità genetica del riso e, di conseguenza, la sua resilienza agli stress ambientali. Invece, i parenti selvatici del riso, potendosi evolvere indisturbati hanno accumulato una notevole varietà genetica e, con questa, la capacità di adattarsi a molte condizioni ambientali.

Per questo motivo, i ricercatori coordinati da Rod Wing di Kaust e Università dell’Arizona, Eric Schranz di Wageningen e l’italiano Andrea Zuccolo di Kaust e Scuola Sant’Anna, si sono concentrati proprio su questi parenti del riso.I risultati mostrano che nel Dna delle specie selvatiche sono presenti geni che hanno rafforzato la resistenza della pianta alle temperature più elevate, ai terreni più secchi e salati e ad altri fattori ambientali che stanno diventando sempre più comuni in tutto il mondo a causa del cambiamento climatico.

Non solo Cile

Da circa dieci anni, il risparmio idrico nella coltivazione del riso è una priorità anche “in Nord America e in diversi paesi dell’Asia orientale e sud-orientale”, sottolinea Robert Zeigler, direttore dell’Istituto internazionale di ricerca sul riso. In Giappone sono state sviluppate sementi in grado di resistere alle alte temperature, ma “per commercializzare una nuova varietà occorrono alcuni anni di sviluppo”, osserva Makiko Taguchi, esperta di risicoltura presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao). Il progetto cileno costituisce “un approccio promettente per migliorare la produzione di riso riducendo al contempo l’impatto sull’ambiente”.

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