È nato negli Stati Uniti ma ha speso i 69 anni della sua vita ad aiutare i disperati che il presidente degli Stati Uniti ama far fotografare in catene mentre vengono deportati fuori dai confini a stelle e strisce. È un papa americano ma lontano dal nuovo corso della Casa Bianca. È un papa che, vincendo una commozione evidente, ha esordito scandendo nel suo discorso una parola ricorrente: pace. Una pace “disarmata e disarmante”.
Una laurea in matematica e una in filosofia, il cardinale Robert Francis Prevost è stato eletto papa al secondo giorno di conclave. Un’elezione rapidissima, che porta il segno del tempo. Se nel 1271 furono necessari 1.006 giorni di conclave e un atto che potremmo definire deciso come scoperchiare il tetto della sala per indurre i cardinali a eleggere il successore di Pietro, questa volta è stato l’opposto: 24 ore per trovare l’accordo. La moltiplicazione delle guerre in corso, gli effetti della destabilizzazione climatica e una gestione politica globale in crisi hanno suggerito la necessità di dare voce al Vaticano in tempi brevi.
Un accordo che, a caldo è stato definito da molti di compromesso. Ma è una definizione un po’ vaga e insapore. Nel corso del pontificato si vedrà quale sarà il segno della decisione dei cardinali. Nell’immediato si può dire ciò che appare. Il cardinale Prevost, che ha assunto il nome di Leone XIV, viene considerato un “centrista con aperture progressiste su tematiche sociali”. Cosa vuol dire?
Vuol dire che dal punto di vista della cultura woke per molti aspetti non è un papa progressista. Ma sotto questo profilo non lo è stato nemmeno Bergoglio. In ogni caso Prevost appare un moderato ma non un reazionario: ha sostenuto la modifica della prassi pastorale per consentire ai cattolici divorziati e risposati civilmente di ricevere la Comunione, ma è più cauto riguardo alle aperture verso la comunità LGBTQ+.
Ci sono però altri temi, centrali, su cui Leone XIV potrebbe continuare la battaglia di Francesco. Prevost ha maturato una profonda sensibilità ambientale. Missionario per anni in Perù, ha vissuto in prima linea gli effetti sociali ed ecologici dell’ingiustizia globale, sviluppando una visione pastorale attenta alla dignità umana e alla salvaguardia del pianeta. Per lui il “dominio sulla natura”, affidato da Dio all’umanità, non deve trasformarsi in “tirannia”, ma deve essere vissuto come una “relazione di reciprocità” con l’ambiente.
Leone XIV si pone in chiara continuità con l’enciclica “Laudato Si’” di papa Francesco. In più occasioni ha sottolineato che la Chiesa non può più limitarsi a parole di circostanza sul clima e sull’ambiente: servono azioni reali e una conversione ecologica profonda. Ha anche messo in guardia contro uno sviluppo tecnologico senza freni, che rischia di aggravare le disuguaglianze e distruggere l’equilibrio naturale.
Prevost è un agostiniano (primo papa agostiniano e primo papa nordamericano) convinto sostenitore dell’ecologia integrale, chiamato a Roma da Francesco come prefetto dei vescovi, e creato cardinale meno di due anni fa, il 30 settembre del 2023. Si è distinto per i moniti contro i rischi di uno sviluppo tecnologico lasciato a sé stesso, sottolineando quanto sia fondamentale costruire un’economia più umana, capace di rispettare l’ambiente e di favorire modelli circolari di produzione e consumo. Un’economia, insiste, che non alimenti la “cultura dello scarto”, ma che contribuisca a migliorare il pianeta anziché comprometterlo.
Prevost ha più volte richiamato l’attenzione sull’impegno concreto della Santa Sede nella salvaguardia ambientale: dall’installazione del grande impianto fotovoltaico sul tetto dell’Aula Paolo VI, al processo di conversione verso una mobilità completamente elettrica all’interno del Vaticano. Iniziative che, sottolinea, dimostrano la volontà della Chiesa di farsi esempio credibile di sostenibilità.
Con l’elezione di Leone XIV la Chiesa ha giocato la carta che ha ritenuto migliore per difendere l’equilibrio degli umani e della natura nel momento in cui è sotto la massima pressione. Speriamo che abbia visto giusto.