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Patto su Immigrazione e Asilo, martedì comincia il negoziato Ue

09.06.2023

Tutti i punti su cui negozieranno Stati membri ed Europarlamento

Lussemburgo, 9 giu. (askanews) – Martedì prossimo, 13 giugno, comincerà il negoziato a tre (‘trilogo’) fra i relatori del Parlamento europeo, la presidenza di turno del Consiglio Ue e la Commissione europea sul Patto sull’Immigrazione e l’Asilo, dopo che i ministri dell’Interno dei Ventisette hanno approvato a maggioranza qualificata, ieri a Lussemburgo, la loro posizione (‘approccio generale’) su un testo di compromesso che riguarda i due regolamenti sulle procedure d’asilo (Apr) e sulla gestione dell’asilo e dell’immigrazione (Ammr).

Il compromesso, adottato con il voto contrario di Polonia e Ungheria e con l’astensione di quattro paesi (Malta, Bulgaria, Slovacchia e Lituania), è molto diverso sia dalla proposta iniziale della Commissione, dell’ormai lontano 23 settembre 2020, che dalla posizione del Parlamento europeo votata in plenaria il 20 aprile scorso (413 voti favorevoli, 142 contrari e 20 astensioni). E questo fa pensare che il negoziato sarà lungo e difficile.

Un obiettivo condiviso dalle tre istituzioni è quello di arrivare a un accordo sul testo finale e definitivo entro la fine dell’attuale legislatura del Parlamento europeo (come ha detto ieri il ministro spagnolo dell’Interno, Fernando Grande-Marlaska Gómez, che assumerà la presidenza del Consiglio Ue in quest’area dal primo luglio), il che vuol dire entro meno di un anno. Una portavoce della Commissione, Dana Spinant, ha ricordato oggi che c’è una ‘roadmap’ legislativa concordata che fissa il mese di febbraio 2024 come scadenza per l’approvazione definitiva del Patto.

Il testo approvato ieri dal Consiglio introduce una serie di novità molto rilevanti, e sebbene appaia anche estremamente complesso da attuare, costituisce senza dubbio una svolta storica nella gestione della politica migratoria, come hanno sottolineato la presidente di turno svedese del Consiglio, Maria Malmer Stenergard (a cui va gran parte del merito del successo della mediazione) e la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, secondo la quale ora ‘è tornata la fiducia’ tra gli Stati membri in quest’area, dopo anni di contrapposizioni e negoziati inconcludenti, bloccati o falliti.

L’accordo di ieri è anche una rilevante vittoria per l’Italia, che è riuscita, con il ministro Matteo Piatedosi, a far accettare una lunga serie di modifiche nel compromesso finale, rispetto al testo che era stato presentato dalla presidenza svedese all’inizio del Consiglio.

Piantedosi, alla fine della riunione, si è detto ‘molto soddisfatto’ perché, rispetto ai punti da cui si era partiti, ‘l’Italia ha visto riconoscere dei principi a cui da tempo lavorava, e prima di tutto quello appunto della concreta solidarietà dell’Unione europea sul tema dei migranti, ovviamente attuabile secondo quella che era una mediazione possibile’.

Ma, soprattutto, è stata accettata la linea sostenuta dall’Italia rispetto alla possibilità di rimandare i migranti irregolari (in particolare i cosiddetti ‘migranti economici’) nei paesi di transito extra Ue, a condizione che siano ‘paesi sicuri’ dal punto di vista del rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale (come la Tunisia), finanziando generosamente questi paesi con accordi di cooperazione con l’Unione, affinché blocchino i flussi in uscita, trattengano i migranti nei campi, e gestiscano anche, eventualmente, i loro rimpatri.

II modello è quello seguito dalla Germania con la Turchia nel 2016, quando Berlino riuscì in questo modo, con l’avvallo dell’Ue, ad arginare la marea di profughi siriani in fuga dalla guerra civile nel loro paese. Un modello che l’Italia potrà ora riprodurre con la Tunisia (così come la Spagna potrebbe farlo con il Marocco). Di questo si parlerà sicuramente nella visita a Tunisi di domenica della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, insieme alla premier Giorgia Meloni e al primo ministro olandese Mark Rutte.

Con il testo approvato dal Consiglio viene istituito innanzitutto un meccanismo di ‘solidarietà obbligatoria’, per cui gli Stati membri dovranno scegliere se accettare di ricollocare sul loro territorio di una quota di richiedenti asilo (diversa per ogni paese a seconda del suo Pil e della sua popolazione) arrivati nei paesi di primo ingresso, o se invece fornire un contributo finanziario pari a 20.000 euro per ogni migrante previsto nella propria quota e non ricollocato.

Su questo punto l’Italia ha chiesto e ottenuto che il contributo di solidarietà non vada ai paesi di primo ingresso, ma confluisca in un Fondo comune Ue, che deve ancora essere istituto e che sarà gestito dalla Commissione europea. Questo fondo, secondo quanto ha riferito Piantedosi dovrà essere impiegato nella ‘dimensione esterna’ della gestione del fenomeno migratorio, ossia proprio per gli accordi con i paesi di origine e di transito dei migranti e per il finanziamento delle loro infrastrutture.

‘Abbiamo rifiutato ogni possibile compensazione in denaro, perché non ritenevamo che la dignità del nostro paese potesse mettere in campo soluzioni di questo tipo. Abbiamo voluto che quegli impegni in denaro che dovessero assumere i paesi che non accedono a dei meccansimi di solidarietà diretta (cioè che non vorranno fare i ricollocamenti, ndr) debbano confluire in un istituendo fondo per attuare quello che l’Italia ha voluto e finalmente si realizza: progetti concreti di realizzazione della cosiddetta dimensione esterna, e quindi accordi con i Paesi terzi’, ha spiegato ieri Piantedosi.

‘L’Italia non chiedeva soldi per sé, non accettava compensi per diventare il luogo di trattenimento degli immigrati; questo anche per una questione di dignità della nostra storia. Non volevamo che si facesse della nostra posizione geografica un destino naturale da questo punto di vista’, ha aggiunto il ministro. I compensi finanziari per diventare luogo di intrattenimento degl immigrati andranno invece, ora, alla Tunisia e agli altri ‘paesi terzi sicuri’, da cui transitano i migranti, se accetteranno di entrare in questo tipo di accordi con l’Ue.

Il secondo punto più importante dell’accordo è quello, su cui hanno premuto soprattutto i paesi del Nord Europa, della stretta alle misure di registrazione e controllo alle frontiere esterne. I paesi di primo ingresso dovranno registrare entro 24 ore i migranti irregolari in arrivo, e avranno poi 12 settimane per espedire le procedure di concessione dell’asilo, e altre 12 settimane per attuare i rimpatri dei migranti la cui domanda d’asilo non avrà avuto esito positivo.

Queste procedure molto più rapide ed efficaci alle frontiere esterne, che richiederanno più mezzi, infrastrutture, personale e finanziamenti a carico dei paesi di primo ingresso (ma con un cospicuo contributo dell’Ue, è stato assicurato), dovrebbero garantire la fine del fenomeno dei cosiddetti ‘movimenti secondari’, ovvero i viaggi all’interno dell’Ue dei migranti non registrati in modo appropriato al loro arrivo, che poi si ritrovano a chiedere l’asilo in altri Stati membri.

Il testo del Consiglio chiede che almeno 30.000 migranti in arrivo in arrivo nell’Ue passino attraverso questa procedura alle frontiere accelerata, e questo due volte il primo anno (60.000), tre il secondo (90.000) e quattro il terzo anno (120.000). I numeri sono legati ai posti disponibili nei centri di raccolta dei migranti irregolari in prossimità delle frontiere, che si svuoteranno ogni volta che le richieste di asilo sono accettate o si concludono con le decisioni di rimpatrio, per poi riempirsi nuovamente con i nuovi arrivati.

La soglia dei 30 migranti per tutta l’Ue è suddivisa in quote per paese proporzionali al Pil e alla popolazione, e su questa base sono decise anche le quote di migranti che ogni Stato membro dovrebbe accogliere con i ricollocamenti.

Questo nuovo meccanismo più stringente alle frontiere esterne (che dovrà comunque riguardare obbligatoriamente tutti i migranti con nazionalità di paesi che hanno meno del 20% del tasso di accoglienza delle domande di asilo) potrà essere sospeso quando la soglia dei 30.000 migranti sarà raggiunta.

I paesi di primo ingresso resteranno responsabili dei richiedenti asilo secondo il regolamento di Dublino per due anni, ma per un solo anno per i migranti sbarcati dopo essere stati soccorsi in mare (una richiesta dell’Italia), e per 15 mesi per i ‘migranti economici’, ovvero quelli a cui è stato negato l’asilo.

Da notare, infine, che il testo approvato dal Parlamento europeo non contempla la possibilità di rinviare i migranti economici nei paesi di transito ‘sicuri’ e prevede che, per alleggerire la pressione sui paesi di primo arrivo, i ricollocamenti dei migranti a carico degli altri Stati membri siano obbligatori quando si verifichi uno ‘stato’ di crisi (che starebbe alla Commissione europea dichiarare). Questi punti appaiono fin da ora come i più difficili da risolvere nel ‘trilogo’ che comincia ora tra le istituzioni europee.

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