18 Luglio 2025
/ 26.06.2025

Mare, attenti a quei quattro 

Il Cnr lancia la campagna “Attenti a quei quattro!” per tenere sotto controllo quattro pesci esotici che possono creare seri problemi. Serve una rete di allerta precoce efficiente, sostenuta dalla collaborazione tra enti di ricerca, istituzioni locali, pescatori, turisti e cittadini

Gli “alieni” sono già tra noi, e nuotano nel Mar Ionio. Con il volto esotico del pesce scorpione, del pesce palla maculato e dei due pesci coniglio – scuro e striato – l’invasione delle specie marine tropicali è una realtà concreta e crescente nei nostri mari. Tanto da spingere l’Ispra e il Cnr-Irbim a rilanciare nel 2025 la campagna “Attenti a quei 4!”, un appello alla sorveglianza partecipata che coinvolge pescatori, subacquei e cittadini lungo le coste italiane.

Allarme pesce scorpione

Al centro dell’attenzione c’è soprattutto il Pterois miles, meglio noto come pesce scorpione. Originario dell’Indo-Pacifico, è approdato nel Mediterraneo attraverso il Canale di Suez e ha trovato terreno fertile per espandersi nel Mar Ionio, identificato dagli scienziati come l’area più vulnerabile alla sua diffusione. A marzo 2025 si contano 1.840 segnalazioni confermate in tutto il bacino mediterraneo, la maggior parte delle quali proprio nel tratto di mare che bagna la Calabria, la Puglia e la Sicilia orientale.

“La maggior parte dei nuovi avvistamenti – spiega Ernesto Azzurro, ricercatore del CNR-Irbim – è concentrata nel Mar Ionio, una delle aree che, secondo le proiezioni climatiche, presenta il più alto rischio di aumento della vulnerabilità all’invasione da parte di questa specie tropicale”. Lo studio, pubblicato sulla rivista Mediterranean Marine Science, ha confermato l’affidabilità dei modelli di previsione e rafforzato l’urgenza di un monitoraggio costante.

Occhi aperti

Non c’è solo il pesce scorpione a preoccupare. A completare il quartetto “invasivo” ci sono altri due ospiti. Il pesce palla maculato (Lagocephalus sceleratus), segnalato per la prima volta in Italia nel 2013, velenoso al consumo e armato di una dentatura capace di infliggere morsi seri. E il pesce coniglio con le due varianti: scuro (Siganus luridus) e striato (Siganus rivulatus). Si tratta di due specie erbivore altamente invasive, comparse rispettivamente nel 2003 e nel 2015. Sebbene commestibili, le loro spine restano pericolose anche dopo la morte dell’animale.

L’impatto ecologico è doppio: da un lato, queste specie competono con la fauna locale alterando gli equilibri dell’ecosistema; dall’altro, alcune – come il pesce palla – rappresentano un rischio concreto per la salute umana, se manipolate o consumate senza le dovute precauzioni.

Una sorveglianza che parte dal basso

Il successo della campagna “Attenti a quei 4!” si basa su una formula ormai consolidata: scienza partecipata e tecnologia a portata di smartphone. Chiunque avvisti o catturi uno di questi esemplari è invitato a documentare l’evento con foto o video, e a inviare il materiale tramite il portale https://shorturl.at/JM87A, via WhatsApp al numero +39 320 4365210 o tramite i gruppi Facebook Oddfish e Fauna Marina Mediterranea, usando l’hashtag #Attenti4.

“L’aumento delle catture e delle segnalazioni – spiega Manuela Falautano, ricercatrice Ispra – da un lato conferma l’importanza del contributo di pescatori e subacquei, dall’altro ci impone di rafforzare la comunicazione verso il pubblico, senza creare allarmismi ma informando sui rischi reali per la salute e per l’ambiente”.

I dati raccolti sono integrati nel portale europeo Ormef, che costituisce oggi la più completa banca dati georeferenziata sulle specie aliene marine nel Mediterraneo. Ed è proprio grazie a queste osservazioni che si affinano i modelli previsionali e si progettano strategie di risposta, dalla gestione diretta all’educazione ambientale.

Le cause del fenomeno: tra cambiamento climatico e effetto Suez

La porta d’ingresso di queste specie è ben nota: il Canale di Suez, via preferenziale per le cosiddette lessepsiane, le specie originarie del Mar Rosso che risalgono verso nord. Ma se i movimenti migratori sono in parte naturali, a spalancare il portone è il cambiamento climatico, che ha trasformato ampie zone del Mediterraneo orientale in ambienti compatibili con la sopravvivenza e la proliferazione di specie tropicali. Temperature più alte, inverni miti, acidificazione e impoverimento della biodiversità autoctona sono le condizioni perfette per la colonizzazione.

L’esperienza americana insegna. Nelle coste atlantiche degli Stati Uniti e dei Caraibi, il pesce scorpione ha già causato squilibri ecologici significativi, divorando larve e piccoli pesci locali e riducendo drasticamente la biodiversità. Se l’invasione non sarà gestita per tempo, l’Italia potrebbe trovarsi nella stessa situazione.

CONDIVIDI
frank-mckenna-OD9EOzfSOh0-unsplash

Continua a leggere