Quasi il 92% della popolazione mondiale ha ora un accesso di base all’elettricità. Sebbene si tratti di un miglioramento rispetto all’87% del 2010, rimangono ancora oltre 666 milioni di persone senza accesso, il che indica che il tasso attuale è insufficiente per raggiungere l’accesso universale entro il 2030. A certificarlo è l’ultima edizione del rapporto “Tracking Sdg 7”, realizzato da Irena in collaborazione con l’Agenzia internazionale per l’energia (Aie), la divisione di statistica delle Nazioni unite (Unsd), la Banca mondiale e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Il report, che monitora i progressi globali verso l’Obiettivo di sviluppo sostenibile (Sdg) numero 7, sottolinea che quello raggiunto è un traguardo importante, che rappresenta un progresso rispetto al 2022, ma non è ancora sufficiente. La crescita più significativa negli ultimi anni si è verificata in Asia meridionale e centrale, dove il numero di persone senza elettricità è crollato da 414 milioni nel 2010 a soli 27 milioni nel 2023.
In cucina va male
Ma mentre il mondo si illumina, l’energia da cucina resta un punto dolente. Circa 2,1 miliardi di persone – un quarto della popolazione globale – cucinano ancora utilizzando combustibili altamente inquinanti e dannosi per la salute, come legna, carbone vegetale o cherosene. La percentuale di popolazione che ha accesso a combustibili e tecnologie pulite è aumentata solo modestamente: dal 64% del 2015 al 74% del 2023. Il progresso è rallentato rispetto alla prima decade del millennio, complice la pandemia da Covid-19, l’aumento dei prezzi dell’energia e le crisi del debito che hanno colpito soprattutto i Paesi più poveri.
Proprio nelle aree rurali e fragili, le soluzioni decentralizzate rappresentano una risposta concreta ed efficace. Parliamo di mini-reti a energia solare, sistemi off-grid e tecnologie a biogas domestico che possono portare elettricità e soluzioni di cucina moderna a popolazioni isolate, a basso reddito, che altrimenti rimarrebbero escluse dalla transizione energetica. Il rapporto sottolinea che circa 1,5 miliardi di persone nelle zone rurali ancora non hanno accesso a una cucina pulita, e per loro soluzioni energetiche fuori rete sono fondamentali per ridurre l’inquinamento domestico e i rischi sanitari connessi.
Segnali incoraggianti ma ancora disparità
Dopo decenni di stallo, il 2023 ha fatto segnare un risultato positivo: le nuove connessioni hanno finalmente superato l’aumento demografico, con un calo di 19 milioni di persone non connesse. Tuttavia, questo ritmo è ancora troppo lento per centrare l’obiettivo di copertura elettrica universale entro il 2030. Guardando all’evoluzione del settore, i dati mostrano segnali incoraggianti. La capacità installata di energia rinnovabile nei Paesi in via di sviluppo ha raggiunto i 341 watt pro capite nel 2023, rispetto ai 155 del 2015. A livello globale, la capacità rinnovabile ha toccato i 478 watt pro capite, in crescita del 13% rispetto all’anno precedente. Anche i flussi finanziari pubblici internazionali verso l’energia pulita nei Paesi in via di sviluppo sono aumentati, raggiungendo i 21,6 miliardi di dollari nel 2023, con un incremento del 27% rispetto al 2022.
Eppure, permangono forti disparità. L’Africa subsahariana è ancora in profondo ritardo. Diciotto dei 20 Paesi con il maggiore deficit di accesso all’elettricità nel 2023 si trovano nell’Africa subsahariana. Qui vive l’85% della popolazione mondiale senza elettricità e circa l’80% delle famiglie non ha accesso a soluzioni di cucina pulita. La capacità rinnovabile pro capite nella regione è di appena 40 watt, un ottavo rispetto alla media degli altri Paesi in via di sviluppo. Ogni anno, il numero di persone senza accesso a una cucina pulita nell’area cresce di 14 milioni. La situazione è resa ancora più critica dalla cronica mancanza di finanziamenti: solo due Paesi dell’Africa subsahariana figurano tra i primi cinque beneficiari dei flussi finanziari pubblici internazionali per l’energia pulita. Inoltre, l’83% dei fondi arriva sotto forma di strumenti a debito, mentre le sovvenzioni rappresentano meno del 10%.
Che fare
Secondo Francesco La Camera, direttore generale di Irena, “dobbiamo accelerare i progressi in questo momento critico. Ciò significa superare le sfide, tra cui le lacune infrastrutturali. La mancanza di progressi, soprattutto in ambito infrastrutturale, riflette un accesso limitato ai finanziamenti. Sebbene i flussi finanziari internazionali verso i Paesi in via di sviluppo a sostegno dell’energia pulita siano cresciuti fino a 21,6 miliardi di dollari nel 2023, solo due regioni al mondo hanno registrato un reale progresso nei flussi finanziari”.
Il rapporto indica che per colmare il divario è necessaria una mobilitazione più ampia di risorse, ma anche un ripensamento degli strumenti finanziari. Occorre facilitare l’accesso a capitali pubblici attraverso riforme dei prestiti multilaterali e bilaterali, aumentare l’uso di finanziamenti agevolati e grant, e migliorare la tolleranza al rischio tra i donatori. È altrettanto fondamentale che i governi dei Paesi beneficiari sviluppino una pianificazione energetica nazionale efficace, inclusiva e coerente con le esigenze locali.
Sul fronte dell’efficienza energetica, i dati mostrano miglioramenti lenti. L’intensità energetica primaria – che misura quanta energia serve per generare un’unità di PIL – è diminuita del 2,1% nel 2022. È un buon risultato rispetto allo 0,5% del 2021, ma ancora lontano dall’obiettivo annuo del 4% necessario per centrare l’Sdg 7.