30 Giugno 2025
/ 30.06.2025

Tuvalu, un abitante su tre in fuga dal clima

Accordo tra lo Stato insulare di Tuvalu e l’Australia. Ogni anno, 280 cittadini dell’arcipelago che sta per essere sommerso dall’innalzamento dei mari potranno emigrare in Australia. Ma c’è la ressa per scappare

Immaginate se in Italia il 29,4% della popolazione – 17,3 milioni di persone – volesse emigrare perché sottoposto alla minaccia del cambiamento climatico. Ebbene, qualcosa di comparabile da un punto di vista percentuale sta accadendo nello stato isolare di Tuvalu, in pieno Oceano Pacifico, dove l’innalzamento del mare è una minaccia reale e già presente e dove questo mese il 29,4% dei cittadini ha fatto domanda per il visto speciale climatico concesso dall’Australia che consentirà ogni anno a 280 cittadini dello Stato pacifico di mettersi in sicurezza nella terra dei canguri.

Numeri in crescita

E’ stata una vera corsa al visto. A soli quattro giorni dall’apertura della “finestra” per richiedere il lasciapassare, ben 3.125 tuvaluani, quai un terzo di tutta la popolazione, ha fatto domanda, e i numeri cresceranno ancora, dato che per richiedere il visto c’è tempo fino al 18 luglio. Tuvalu, addio.  Il problema sono i posti che mancano, non la voglia di andarsene.  

Il visto è stato creato nell’ambito di un trattato bilaterale che Australia e Tuvalu hanno firmato alla fine del 2023, con l’obiettivo di “proteggere gli interessi comuni dei due Paesi in materia di sicurezza, prosperità e stabilità, soprattutto in considerazione della minaccia esistenziale posta dal cambiamento climatico”. E “l’Unione Falepili Australia/Tuvalu”, è il primo accordo bilaterale al mondo a creare un visto speciale per far fronte al cambiamento climatico. 

Per gli isolani che saranno accolti, il futuro è assicurato, non meno che la tristezza per aver dovuto lasciare la loro terra. All’arrivo in Australia, i titolari di visto riceveranno, tra l’altro, l’accesso immediato all’istruzione (con gli stessi sussidi dei cittadini australiani), a Medicare, al National Disability Insurance Scheme (NDIS), al sussidio fiscale per le famiglie, a quello per l’assistenza all’infanzia e a quello per i giovani. Avranno inoltre “libertà di viaggiare senza limiti” da e verso l’Australia. Ma gli altri?

Il punto più alto è a 4,6 metri

L’arcipelago di Tuvalu ha una superfice totale di soli 26 chilometri quadrati, una altezza media di 2 metri sul livello del mare e un’elevazione massima di 4,6 metri. Le mareggiate, le maree dominanti e le inondazioni causate dai cicloni tropicali hanno già causato danni significativi alle infrastrutture di protezione costiera di Tuvalu nel corso degli anni e sono state identificate come un rischio importante. 

Nel marzo 2015 la mareggiata creata dal ciclone Pam ha provocato onde di 3,5 metri che si sono infrante sulla barriera corallina delle isole esterne, causando danni a case, coltivazioni e infrastrutture.  Tuvalu è anche interessata da eventi di marea primaverile perigea (localmente chiamata “marea reale”), che innalzano il livello del mare più di una normale alta marea. Il picco di “marea reale” più alto registrato dal Servizio meteorologico di Tuvalu è stato di 3,4 metri il 24 febbraio 2006 e di nuovo il 19 febbraio 2015. Come risultato dell’innalzamento storico del livello del mare, gli eventi di marea di punta provocano l’inondazione delle aree a bassa quota, che si aggrava quando il livello del mare viene ulteriormente innalzato dagli effetti de la Niña o da tempeste e onde locali. In futuro, l’innalzamento del livello del mare potrebbe minacciare di sommergere interamente il Paese.

Sarà uno stillicidio, una sommersione progressiva. Si prevede che già entro il 2050 il 60% della popolazione di Tuvalu sarà esposta all’inondazione periodica (durante le alte maree e gli uragani) delle coste in uno scenario a basse emissioni e l’80% in uno scenario ad alte emissioni. A fine secolo, con un riscaldamento di 3 gradi, si avrebbe un innalzamento del livello del mare di 72 centimetri, che si aggiungono ai 14 già registrati negli ultimi 30 anni.  Ciò potrebbe causare danni irreversibili alle difese costiere del Paese e costringere all’abbandono di Tuvalu. 

Il piano B

Fino dal 2023, il “piano A” del governo del primo ministro Kausea Natano consisteva nel rafforzare le aree chiave per resistere all’innalzamento del livello del mare e ai cambiamenti climatici, ma il governo ha anche elaborato un “piano B” che prevede l’evacuazione delle isole, mantenendo il più possibile la comunità e la cultura tuvaluana attraverso mezzi digitali, tra cui un duplicato in realtà virtuale del paese. Mancando il mondo reale, restava la Tuvalu digitale. 

Ma chi fosse evacuato, dove sarebbe andato?  L’Australia, un po’ per solidarietà, un po’ per arginare l’influenza cinese nel Pacifico, è venuta in aiuto. Nel novembre 2023 è stato annunciato che l’Australia offrirà ogni anno a 280 cittadini di Tuvalu sfollati a causa dei cambiamenti climatici la residenza permanente in Australia, come parte di un ampio accordo bilaterale. Era una ammissione di sconfitta. Di Tuvalu e anche nostra, che alle emissioni che causano il cambiamento climatico abbiamo storicamente contribuito e contribuiremo.

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