4 Luglio 2025
/ 3.07.2025

Rifugi climatici per sopravvivere all’afa

Ripararsi dal caldo sta diventando sempre più un privilegio. E trovare sollievo in città durante le attività quotidiane sembra un miraggio. Ecco cosa sono i rifugi climatici che si stanno diffondendo anche in Italia per sopravvivere all’afa

Con temperature insopportabili e ondate di calore che travolgono l’Italia e gran parte dell’Europa, l’estate 2025 si conferma tra le più calde di sempre. Giugno ha fatto segnare temperature record, con il termometro che supera ampiamente le medie stagionali, e sulle Alpi lo zero termico ha raggiunto quote mai viste prima, arrivando a sfiorare i 5400 metri. 

Sono numeri che raccontano una trasformazione profonda e irreversibile del nostro pianeta, dove il surriscaldamento globale incide direttamente sulla vita quotidiana delle persone, soprattutto nelle aree urbane. Le città, infatti, sono tra le zone più vulnerabili ai cambiamenti climatici: la concentrazione di cemento, asfalto e la scarsa vegetazione diventano un mix fatale, e trasformano i centri urbani in isole di calore, con temperature anche 7 gradi più alte rispetto alle campagne circostanti. Ed è una realtà, questa, che espone a rischi sanitari crescenti tutti i cittadini, ma soprattutto anziani, bambini, persone con patologie e chi vive in condizioni socio-economiche svantaggiate.

L’importanza dei rifugi climatici

Ed è proprio in questo scenario di emergenza – e fragilità sociale – che nascono e si diffondono i “rifugi climatici”. Ma che cosa sono? Si tratta di luoghi pubblici, spesso già esistenti, riconvertiti o valorizzati come spazi freschi e accessibili, dove trovare un riparo dal caldo opprimente. E non si tratta solo di aria condizionata o ombra: i rifugi climatici offrono servizi essenziali come acqua potabile, bagni pubblici e un’accoglienza inclusiva. 

Il concetto di rifugio climatico non è nuovo: città come Barcellona e New York hanno da anni mappato e promosso reti di spazi pubblici destinati a proteggere i cittadini durante le ondate di calore. Barcellona, per esempio, conta quasi 400 rifugi, e garantisce che il 98% della popolazione viva a meno di dieci minuti a piedi da uno di questi luoghi. E ora, con le temperature intollerabili, è un modello che sta prendendo piede anche in molte città italiane.

Per esempio, Bologna è stata una delle prime città a stilare una lista ufficiale di questi ripari, tra cui biblioteche e spazi di quartiere, come la piazza coperta Lucio Dalla. Anche Firenze si è mobilitata, e ha creato una rete di 44 luoghi, tra cui 37 giardini e 7 biblioteche pubbliche, con informazioni dettagliate sulla presenza di ombra, acqua e aria condizionata.


Bologna e Firenze, ma non solo: Napoli, grazie all’impegno di associazioni come Cleanap, ha individuato 28 spazi all’ombra, dai parchi elle vie alberate; Torino, una delle città più verdi d’Europa, propone rifugi climatici con giochi d’acqua per bambini, biblioteche e parchi storici dove trovare un po’ di sollievo in queste giornate torride. Anche Roma sta completando la sua mappa ufficiale, mentre Milano punta su un piano integrato di verde urbano e monitoraggio delle isole di calore. Insomma, molte città si stanno mobilitando.

Un problema da non sottovalutare

Dietro a queste iniziative, dunque, c’è una grande consapevolezza: il caldo non è un problema da sottovalutare. Con l’inasprirsi delle conseguenze del surriscaldamento globale il grande caldo è diventato non solo un tema di salute pubblica, ma anche di equità e di sostenibilità.

In particolare, come sottolinea uno studio condotto dall’Istituto di salute Carlos III, le ondate di calore colpiscono più duramente i quartieri più poveri, dove spesso mancano le condizioni minime per proteggersi dal caldo, come aria condizionata o spazi verdi sufficienti. E, in questo contesto, parlare di povertà da raffreddamento significa riconoscere che chi ha meno risorse vive condizioni di disagio climatico ben più gravi. E i rifugi climatici si traducono in risposte concrete per combattere queste disuguaglianze.

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