Non metaforicamente, ma nel senso letterale di spazi attrezzati dove verranno costruiti, assemblati e varati i colossi galleggianti dell’eolico offshore.
Il decreto firmato il 4 luglio dai ministri Salvini, Pichetto Fratin e Giorgetti mette nero su bianco un investimento di 78,3 milioni di euro spalmato in tre anni, da qui al 2027. Risorse che arrivano dalle aste delle quote di CO₂, e che serviranno a trasformare i due scali in veri e propri cantieri dell’energia rinnovabile.
Due scelte strategiche, non casuali
La selezione di Augusta e Taranto non è frutto di pressioni politiche o di logiche campanilistiche. Sono scelte tecniche, motivate da caratteristiche ben precise: fondali profondi, spazi liberi e disponibili su vasta scala – fino a 300 mila metri quadrati – e infrastrutture di collegamento già pronte. Treni, strade, accessi al mare: tutto quello che serve per movimentare materiali e strutture imponenti. Augusta può già contare su oltre 220 mila metri quadri pronti all’uso, mentre Taranto si candida a diventare un polo nazionale di riferimento, con Brindisi indicato come retroporto funzionale.
Non stiamo parlando solo di logistica, ma di un nuovo pezzo di industria pesante a emissioni zero. Si tratterà di costruire, assemblare e calare in mare piattaforme eoliche galleggianti, una tecnologia che consente di installare impianti in acque profonde, lontano dalla costa, dove il vento è più stabile e potente.
Un cambio di passo atteso da anni
L’Italia ha un enorme potenziale nell’eolico offshore, ma finora ha prodotto poco più di 30 megawatt in mare. Una goccia nel mare, è il caso di dirlo, rispetto agli obiettivi europei e alle possibilità offerte dai nostri fondali. Mancavano le strutture a terra per far partire la filiera industriale, e questo decreto mira proprio a colmare quella lacuna.
Non si parla solo di dragaggi e banchine rinforzate, ma di tutta l’infrastruttura necessaria a ospitare un nuovo ecosistema produttivo: grandi piazzali, gru speciali, officine, depositi, vie d’accesso per i convogli eccezionali. È il tipo di operazione che può generare occupazione, rilanciare porti spesso sottoutilizzati e costruire un pezzo di sovranità energetica.
La soddisfazione delle imprese del settore
A salutare con favore la svolta è stata Aero, l’associazione delle imprese attive nell’eolico offshore, che appena il giorno prima aveva presentato alla Camera un appello per accelerare la costruzione della filiera italiana. “È il primo passo concreto per trasformare l’Italia in un hub industriale dell’eolico nel Mediterraneo”, ha dichiarato il presidente Fulvio Mamone Capria. Parole che fotografano bene la portata di questa mossa: non solo buone intenzioni, ma un programma operativo con porti, risorse e tempi.
Una scommessa sul futuro (che parte dal Sud)
“Si tratta di due scali strategici per la loro posizione e per lo sviluppo di un’importante filiera produttiva che sarà in grado di dare nuovo impulso all’economia pugliese e di tutto il sud Italia”, ha aggiunto Ksenia Balanda, direttore generale della jv Nadara- BlueFloat Energy che sta proponendo al largo delle coste pugliesi due parchi eolici galleggianti. “La costruzione degli impianti eolici offshore è molto complessa, necessita di numerose tipologie di imprese e moltissime professionalità che bisognerà reperire soprattutto dal territorio: per ciascuno dei due parchi eolici galleggianti che stiamo proponendo in Puglia, prevediamo di occupare 1.500 persone con picchi di 4.000 durante la fase di costruzione e 150 addetti alla manutenzione durante l’esercizio trentennale”.
In un Paese che spesso concentra tutto nel Nord, il fatto che i due porti scelti siano nel Mezzogiorno ha anche un valore politico ed economico. Si punta su territori dove l’economia fatica a decollare e dove la transizione ecologica può essere non solo una svolta ambientale, ma anche industriale e sociale.
Augusta e Taranto, porti storicamente legati a un’industria pesante e inquinante, possono ora diventare il simbolo di una trasformazione. Da zone grigie a fari dell’energia pulita. Se davvero il vento cambierà, come si auspica, passerà anche da qui.