10 Luglio 2025
/ 9.07.2025

2026, ai mondiali di calcio vincerà l’inquinamento

Una nuova ricerca lancia l’allarme: la Coppa del Mondo del prossimo anno, che si disputerà per la prima volta in tre Paesi – Stati Uniti, Canada e Messico – sarà il torneo calcistico più dannoso di sempre per il clima. Con un aumento record delle partite e degli spostamenti, le emissioni di gas serra raggiungeranno livelli senza precedenti

Secondo un dettagliato rapporto pubblicato da Scientists for Global Responsibility (Sgr), in collaborazione con l’Environmental Defence Fund e lo Sport for Climate Action Network, i Mondiali del 2026 provocheranno un’emissione stimata di oltre 9 milioni di tonnellate equivalenti di CO₂. Questo dato rappresenta un impatto climatico quasi doppio rispetto ai controversi mondiali in Qatar del 2022, che avevano generato circa 5,25 milioni di tonnellate.

Il nuovo format della competizione, che passa da 32 a 48 squadre, prevede 104 partite (contro le 64 delle edizioni precedenti) distribuite su un arco di quasi 40 giorni, dall’11 giugno al 19 luglio 2026. Ma l’aumento più critico, secondo i ricercatori, è quello degli spostamenti aerei: “Con tre Paesi ospitanti su un territorio vastissimo e centinaia di voli interni, il contributo alle emissioni climalteranti sarà enorme”, spiega il report.

L’equivalente di milioni di automobili

Per rendere l’idea dell’impatto stimato, lo studio paragona le emissioni della Coppa del Mondo 2026 a quelle prodotte da 6,5 milioni di automobili guidate per un intero anno. Si tratta di un incremento del 70% rispetto alle previsioni iniziali fornite nel dossier di candidatura da Stati Uniti, Canada e Messico, che avevano indicato un impatto potenziale di 3,6 milioni di tonnellate di CO₂, sulla base di un torneo ridotto a 80 partite.

Va detto che, rispetto a Qatar 2022, il torneo del 2026 non prevede la costruzione di nuovi stadi, un aspetto riconosciuto dagli scienziati come positivo in termini ambientali. Inoltre, la Fifa ha promesso di raggiungere la neutralità climatica entro il 2040, impegnandosi a ridurre e compensare le emissioni generate dalle proprie competizioni.

Tuttavia, molti esperti restano scettici: “Non si può parlare di sostenibilità mentre si moltiplicano partite, spostamenti e consumi, soprattutto in una fase così critica per il pianeta”, afferma il climatologo Mike Childs di Friends of the Earth.

Lo sport globale sotto accusa

Il calcio, sport globale per eccellenza, è sempre più sotto la lente di ingrandimento per il suo impatto climatico. Un’altra indagine recente del New Weather Institute, intitolata Dirty Tackle, ha stimato che il mondo del calcio genera annualmente tra 64 e 66 milioni di tonnellate di CO₂, un livello pari alle emissioni annuali dell’intera Austria. Lo studio includeva l’effetto dell’espansione dei Mondiali, della nuova formula della Champions League, del Mondiale per club previsto negli Stati Uniti e dell’influenza degli sponsor ad alta intensità di carbonio (come compagnie aeree e brand petroliferi) sullo stile di vita dei tifosi.

Calcio sostenibile?

Il dibattito su come rendere il calcio più sostenibile è ormai inevitabile. Alcuni suggeriscono l’adozione di formati regionalizzati, per ridurre i viaggi intercontinentali, o la compensazione obbligatoria delle emissioni da parte di squadre, sponsor e federazioni. Altri propongono di includere nei criteri per l’assegnazione dei grandi eventi valutazioni ambientali rigorose, vincolanti al pari di quelle economiche e logistiche.

Il tempo stringe ed eventi sportivi su scala planetaria devono necessariamente confrontarsi con la realtà della crisi climatica. Il Mondiale del 2026 rischia di diventare un emblema delle contraddizioni del nostro tempo: spettacolo, business e passione da un lato; consumo, spreco e degrado ambientale dall’altro. Ma, come auspica il rapporto Sgr, “non si tratta di cancellare il calcio, ma di reinventarlo per un mondo che non può più permettersi l’indifferenza climatica”.

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