Una parte crescente del bilancio dell’Unione Europea va a coprire i danni prodotti dalla crisi climatica. E un’altra parte del bilancio europeo contribuisce a produrli. È questa l’accusa partita dalle associazioni ambientaliste e dal mondo del biologico dopo la pubblicazione della proposta della Commissione europea per la nuova Politica Agricola Comune (Pac) per il periodo 2028-2034.
Il punto è che la proposta è configurata in modo che alle parole rischiano di non seguire i fatti. Dal punto di vista dei principi si fa un passo avanti su un punto critico. Con la Pac attualmente in vigore l’80% dei finanziamenti va al 20% delle imprese agricole. Cioè si premiano i grandi produttori, quelli che hanno grandi estensioni di terra e spesso applicano sistemi di produzione e di allevamento ad alto impatto ambientale. Con la Pac proposta invece i pagamenti basati sugli ettari coltivati diminuirebbero con l’aumentare delle dimensioni delle aziende agricole, cioè si darebbe una mano ai piccoli produttori, quelli più in relazione con il territorio.
Ma se poi viene concessa carta bianca agli Stati nell’applicazione dei principi e si trascurano i sistemi di rendicontazione rendendo la tutela del clima e della natura non misurabile, si azzera il valore delle dichiarazioni. Cioè, come dice Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, si fa “un grave passo indietro sul fonte della sostenibilità e della transizione verso modelli agroecologici. La scelta di assegnare le risorse del bilancio esclusivamente ai pagamenti a superficie, non solo penalizza chi fa agricoltura biologica, ma è anche inadeguata per la valorizzazione del territorio rurale e delle aree interne e per rispondere alle sfide ambientali e sociali dei prossimi anni. Senza un chiaro orientamento alla sostenibilità si rischia che la Pac generi una pericolosa corsa al ribasso tra gli Stati, con conseguenze gravi per la sovranità alimentare e un progressivo disimpegno dalle politiche ambientali”.
FederBio chiede che almeno il 30% del bilancio agricolo europeo venga destinato obbligatoriamente ad ambiente, clima e benessere animale. Non farlo, cioè permettere agli Stati di ignorare il costo ambientale di un sistema che produce cibo facendo ampio uso di pesticidi e di allevamenti intensivi, significa non solo fare danni all’ambiente ma anche all’economia. Perché il costo della crisi climatica sale anno dopo anno, alluvione dopo alluvione, ondata di siccità dopo ondata di siccità.
Oggi il ciclo completo di produzione alimentare – dal campo alla tavola – vale circa un terzo del totale delle emissioni serra. Incentivare l’agroecologia, i sistemi biologici e biodinamici, vuol dire tagliare in modo robusto queste emissioni e ridare fertilità alla terra. Cioè avere un vantaggio in termini di inquinamento globale. Ma anche in termini di inquinamento locale perché i pesticidi, come documenta puntualmente l’Ispra, contaminano il suolo e le acque, riducendo la biodiversità e rendendo il terreno più fragile e più arido.
Ecco perché una Pac che affida agli Stati membri la piena discrezionalità sull’allocazione dei fondi, abbandonando ogni obbligo verso la sostenibilità, è una scelta che rischia di impoverire l’agricoltura invece di rafforzarla. Finanziando metodi insostenibili con fondi pubblici (300 miliardi di euro).
“La Commissione europea sembra aver dimenticato le crisi climatiche e della biodiversità che stanno già causando vittime e costando milioni di euro, colpendo in particolare proprio l’agricoltura”, osserva il Wwf in una nota. “Senza regole chiare sulla spesa e sui risultati, i governi potrebbero semplicemente soccombere alle pressioni delle corporazioni agricole e destinare i fondi essenzialmente a favore di sistemi agricoli ad elevato impatto ambientale”.
Anche per Lipu-BirdLife Italia la proposta la proposta della Commissione è molto deludente per “l’assenza di un bilancio specifico per la conservazione e il ripristino della natura, quando invece l’ultima revisione dell’attuazione della politica ambientale dell’Ue ha evidenziato un aumento del deficit di finanziamento per rispettare gli impegni ambientali: ciò significa che molto probabilmente non ci saranno fondi sufficienti per proteggere i nostri ecosistemi, aumentare la nostra resilienza ai cambiamenti climatici e sostenere i mezzi di sussistenza delle persone in tutta l’Ue”.
La partita comunque non è chiusa. La proposta della Commissione dovrà ora passare al vaglio del Parlamento europeo e dei governi nazionali. È l’occasione per decidere cosa vogliamo far finire sulla nostra tavola e quanto ci costa non solo al momento della spesa ma per la nostra sicurezza complessiva.