23 Luglio 2025
/ 21.07.2025

Occhio, venerdì il conto corrente va in rosso

È l’Overshoot day, il giorno in cui finiscono le risorse rinnovabili disponibili ogni anno sul pianeta. Da venerdì si va avanti, ma pagano i figli e i nipoti: viviamo a scrocco

Come vi sentireste se vi dicessero che giovedì 24 luglio, cioè fra tre giorni, finiranno tutti soldi di cui potete disporre nel corso dell’anno? Un tantinello preoccupati, no? Vi agitereste, cerchereste di capire dove avete sbagliato i calcoli, cosa potete fare per riparare. Comincereste a pensare a chi vi può concedere un prestito.

In realtà giovedì 24 luglio non finiranno i soldi sul vostro corrente personale, ma su quello collettivo. Saranno esaurite le risorse rinnovabili che gli ecosistemi mettono a disposizione. Ma il meccanismo non cambia rispetto allo scenario precedente: c’è sempre un rosso e se qualcuno non concede un prestito non si arriva alla fine dell’anno. In questo caso però i volontari per il prestito ci sono: non possono dire di no perché sono troppo giovani oppure devono ancora nascere. Dunque da venerdì vivremo a scrocco prendendo le risorse che appartengono al futuro: mangeremo pesci che non si sono riprodotti e useremo legno di alberi che non ricresceranno. Pagheranno i figli e i nipoti.

Meno pesci e più discariche

E come pagheranno? Pagheranno vivendo una vita più difficile. Con meno alberi e più ondate di calore, meno pesci nel mare e più discariche in terra, respirando un’aria più sporca, trincerandosi in bunker condizionati per difendersi dal meteo estremo, combattendo un numero crescente di guerre perché in questo caso mal comune non è mezzo gaudio. Anzi il contrario perché la somma di sofferenze porta alla disperazione, alle migrazioni di massa, ai conflitti. E infatti l’esercito americano, prima che Trump gli mettesse il bavaglio, aveva scritto analisi molto preoccupate sul legame tra crisi climatica e sicurezza globale.

L’insicurezza comincia da qui. Dall’acqua che mancherà all’appello da venerdì e dovrà essere presa da fonti geologiche che si ricaricano in tempi lunghissimi, o sottratta ad altri usi facendo litigare agricoltori e abitanti delle città, proprietari di centrali elettriche e di alberghi.

L’Overshoot Day, il giorno del superamento, viene calcolato dal Global Footprint Network che misura il momento in cui la nostra domanda di risorse naturali supera la capacità del pianeta di rinnovarle. E ogni anno questo momento arriva prima.

Un pianeta non basta più

Nel 1970 l’Overshoot Day cadeva alla fine di dicembre. Cinquantacinque anni dopo, lo anticipiamo di oltre cinque mesi. Un crollo che fotografa l’accelerazione dei consumi, la crescita demografica e il modello economico predatorio che continuiamo a replicare.

Secondo i calcoli del Global Footprint Network, oggi la popolazione mondiale consuma l’equivalente di 1,8 pianeti. Non abbiamo a disposizione due mondi ma ci comportiamo come se lo avessimo. Il debito accumulato è ormai strutturale. Secondo le stime, avremmo bisogno di 22 anni di produttività ecologica ininterrotta per recuperare quanto abbiamo consumato in eccesso. Ma questo calcolo resta ipotetico, perché molte delle capacità rigenerative della Terra sono state irrimediabilmente compromesse. Intere foreste sono scomparse, i suoli sono stati erosi, i mari impoveriti. E alcune perdite – le specie estinte, i ghiacciai ormai fusi – sono semplicemente irreversibili.

Rimettere in equilibrio il nostro futuro

Nonostante la gravità del quadro, una via d’uscita è ancora possibile. Secondo il Wwf, riportare l’umanità in equilibrio con il pianeta significa ridurre l’impronta ecologica globale del 60%. È un obiettivo ambizioso, che richiede uno sforzo collettivo e trasformazioni profonde. Ma è anche un percorso praticabile, se affrontato con decisione.

Esistono margini di intervento nei settori chiave dell’energia, dell’alimentazione, della mobilità, della produzione e del consumo. Serve una spinta decisa verso fonti rinnovabili e l’efficienza energetica, una dieta più sostenibile e meno impattante, città meno auto-centriche, modelli produttivi rigenerativi, politiche ambientali più stringenti e coordinate su scala globale. La sfida è culturale prima ancora che tecnologica: cambiare mentalità, ridefinire cosa significhi progresso, scegliere la qualità della vita anziché l’accumulo.

La Terra non è un magazzino infinito da svuotare, né una discarica dove smaltire scarti e emissioni. È l’unico posto che abbiamo. E come ogni sistema con risorse finite, ha un punto di rottura. Quello che possiamo fare è evitare che venga superato. Il Wwf calcola che se riuscissimo a spostare l’Overshoot Day di cinque giorni ogni anno, entro il 2050 potremmo tornare a vivere entro i confini rigenerativi del pianeta. Una traiettoria possibile. A patto di iniziare subito.

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