“Il paradiso perduto”: così il New York Times ha descritto il Sud Europa nella sua recente inchiesta sulle vacanze al tempo del riscaldamento globale. Italia, Spagna, Grecia: un tempo mete da sogno, oggi forni a cielo aperto che spingono sempre più turisti a guardare altrove. Ma il problema non è solo il turismo. Mentre i viaggiatori si spostano verso nord, lasciandosi alle spalle spiagge arroventate e città in affanno, il riscaldamento globale lascia un segno ancora più profondo nei mercati alimentari.
Un nuovo studio internazionale, pubblicato su Environmental Research Letters il 21 luglio, mette a fuoco un impatto del cambiamento climatico che milioni di persone stanno già toccando con mano ogni volta che vanno al supermercato: l’aumento dei prezzi dei generi alimentari.
Dal campo al banco: la filiera della crisi
Il rapporto, coordinato da Maximillian Kotz del Barcelona Supercomputing Centre, ha analizzato 16 casi di rialzi improvvisi dei prezzi in 18 Paesi tra il 2022 e il 2024. Tutti legati a eventi meteorologici estremi: ondate di calore, siccità, piogge torrenziali. Fenomeni che, secondo i ricercatori, diventano sempre più frequenti e violenti proprio a causa del riscaldamento globale.
Un esempio su tutti: l’olio d’oliva, simbolo della dieta mediterranea. Tra il 2022 e il 2023, una siccità eccezionale – aggravata per oltre il 30% dal cambiamento climatico – ha colpito duramente Spagna e Italia, che insieme producono la maggior parte dell’olio europeo. Il risultato? Un aumento del 50% dei prezzi nell’arco di un solo anno. Una bottiglia da un litro che costava 6 euro nel 2023, nel gennaio 2024 è arrivata a 9.
E non è un caso isolato. In Brasile, la siccità ha decimato i raccolti di caffè, spingendo i prezzi internazionali dell’Arabica verso l’alto (+55%). In Vietnam, il caldo record ha fatto impennare del 100% il prezzo del caffè Robusta. In India, le cipolle e le patate sono aumentate dell’80% in pochi mesi. E anche nel Regno Unito – non esattamente un Paese agricolo mediterraneo – le patate sono rincarate del 22% a causa di piogge invernali estreme rese dieci volte più probabili dal clima impazzito.
Una minaccia globale, un conto salato per i poveri
Il cambiamento climatico sta diventando un motore diretto dell’inflazione alimentare. E sebbene alcune analisi econometriche, come quelle condotte dallo stesso Kotz per la BCE, abbiano mostrato che l’impatto medio sulle statistiche generali resta limitato, i picchi su singoli prodotti possono essere devastanti. Anche perché colpiscono soprattutto i beni più sensibili: frutta, verdura, cereali, caffè, cacao.
E proprio i beni freschi e nutrienti diventano i primi a sparire dai carrelli delle famiglie a basso reddito. Una ricerca della Food Foundation ha confermato che gli alimenti sani costano in media il doppio rispetto a quelli meno salutari, per ogni caloria. Così, quando i prezzi salgono, chi ha meno mezzi economici è costretto a rinunciare a verdura e frutta, affidandosi a cibi ultraprocessati, economici ma poveri di nutrienti.
Le conseguenze sono pesanti. “Diete povere sono state collegate a una serie di condizioni di salute come il cancro, il diabete e le malattie cardiache”, avverte Kotz. Non solo: l’insicurezza alimentare sta emergendo anche come fattore di rischio per la salute mentale, soprattutto nei contesti già fragili.
Un sistema instabile in un clima instabile
Il quadro che emerge dal report è inquietante. Dalla California all’Etiopia, dal Giappone alla Cina, le filiere alimentari globali stanno diventando più fragili. In Ghana e Costa d’Avorio, dove nasce il 60% del cacao mondiale, un’ondata di calore ha fatto schizzare i prezzi del cioccolato del 280%. In Giappone, l’estate più calda mai registrata ha fatto salire il prezzo del riso del 48%. E intanto la BCE mette in guardia: i rischi climatici sono una “preoccupazione immediata per la stabilità finanziaria”.
La volatilità dei prezzi, accentuata dai disastri climatici, rende sempre più difficile il lavoro delle banche centrali. I mandati per il controllo dell’inflazione rischiano di diventare lettera morta se le variabili ambientali restano fuori controllo.