27 Luglio 2025
/ 25.07.2025

Il respiro delle foreste si fa più debole

Un nuovo rapporto del World Resources Institute rivela che nel 2023 la capacità delle foreste mondiali di assorbire CO₂ ha raggiunto il livello più basso degli ultimi vent’anni. Le cause principali sono l’aumento degli incendi e la deforestazione, con oltre 3,7 milioni di ettari di foreste primarie tropicali persi in un solo anno

Le foreste del pianeta stanno perdendo voce. O, meglio, stanno perdendo respiro. Secondo un nuovo approfondimento pubblicato dal World Resources Institute (Wri), la capacità delle foreste mondiali di assorbire CO₂ – cioè di essere un “sink” di carbonio – è crollata nel 2023 ai livelli più bassi degli ultimi vent’anni.

Una doppia minaccia: deforestazione e incendi

A contribuire al declino non è un solo fattore, ma un mix micidiale: deforestazione diffusa e incendi sempre più violenti. Nel solo 2024, secondo i dati raccolti da Global Forest Watch, abbiamo perso oltre 3,7 milioni di ettari di foreste primarie tropicali. Un dato equivalente a dieci campi da calcio al minuto.

Un ritmo impressionante, reso ancora più drammatico dal fatto che in molti casi non si tratta di semplice taglio di alberi, ma di vere e proprie distruzioni da fuoco. Le foreste stanno bruciando. In America Latina, in Africa centrale, nel Sud-Est asiatico: fiamme alimentate da siccità più lunghe, temperature più alte e, spesso, da mani umane. Secondo il Wri, la superficie di copertura arborea andata a fuoco è più che raddoppiata rispetto a vent’anni fa.

Foreste: da pozzi di carbonio a potenziali fonti di CO₂

Fino a pochi anni fa, le foreste – soprattutto quelle tropicali – erano considerate dei “pozzi” di carbonio: assorbivano più CO₂ di quanta ne emettessero, contribuendo così a rallentare il riscaldamento globale. Oggi, però, molte foreste stanno cambiando segno. La continua perdita di alberi, la degradazione del suolo e l’aumento degli incendi stanno trasformando alcune di esse in vere e proprie “fonti” di emissioni.

Lo studio ha mostrato che vaste aree della foresta amazzonica, ad esempio, ora rilasciano più carbonio di quanto ne assorbano. Il deterioramento della salute dell’ecosistema ne riduce l’efficienza nel compiere quella che, in fondo, è oggi la loro funzione più preziosa, quella di bilanciare le nostre emissioni.

I dati non mentono

La capacità complessiva delle foreste mondiali di assorbire CO₂ è oggi stimata tra il 25% e il 30% in meno rispetto alla media degli ultimi due decenni. Si tratta del peggior dato da quando si registra il monitoraggio globale, un campanello d’allarme che dovrebbe farci rivedere molte delle nostre strategie climatiche.

Eppure, qualcosa si muove. Il rapporto evidenzia alcuni segnali incoraggianti: in Brasile, ad esempio, la perdita di foresta primaria è calata del 36% grazie a politiche di conservazione più efficaci. In Colombia si parla addirittura di un -49%. Ma questi progressi sono offuscati dai numeri preoccupanti provenienti da altri Paesi.

Le soluzioni ci sono, ma serve volontà

Proteggere le foreste rimaste, combattere la deforestazione illegale, migliorare la gestione del rischio incendi e investire nella riforestazione: le soluzioni esistono, e sono note. Ma per metterle in atto serve una volontà politica forte e coordinata, su scala internazionale. Perché quando un ecosistema come quello amazzonico si ammala, non si ammala solo il Brasile. Si ammala il pianeta intero.

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