1 Agosto 2025
/ 28.07.2025

L’aria che respiriamo può farci perdere la memoria

Una nuova maxi-analisi collega l’inquinamento atmosferico al rischio di demenza. Colpite decine di milioni di persone: serve agire subito

Non solo tumori o malattie respiratorie: l’inquinamento atmosferico può compromettere anche la salute del cervello. A dirlo è uno studio appena pubblicato su The Lancet Planetary Health, che riunisce i dati di quasi 30 milioni di persone in una delle più ampie revisioni mai condotte sul tema. Il risultato è chiaro: l’esposizione prolungata a particelle inquinanti come PM2,5, biossido di azoto e fuliggine è associata a un aumento del rischio di demenza, incluso l’Alzheimer.

Gli autori, un team dell’Unità di Epidemiologia del Medical Research Council (MRC) dell’Università di Cambridge, hanno passato in rassegna 51 studi condotti in Nord America, Europa, Asia e Australia. La loro meta-analisi – che ha incluso 34 ricerche – rafforza il sospetto che l’aria inquinata non danneggi solo i polmoni, ma possa anche compromettere il funzionamento del cervello, contribuendo alla progressione di malattie neurodegenerative.

I nemici invisibili

Le evidenze raccolte puntano il dito contro tre inquinanti in particolare. Il primo è il particolato fine PM2,5, formato da particelle di diametro inferiore a 2,5 micron, così leggere da restare in sospensione nell’aria e così piccole da penetrare fino in fondo ai polmoni, entrando potenzialmente anche nel flusso sanguigno. Le fonti: traffico, centrali elettriche, stufe a legna, industrie, polveri da cantieri.

Per ogni aumento di 10 microgrammi per metro cubo di PM2,5, i ricercatori hanno rilevato un aumento del rischio relativo di demenza del 17%. A Londra, nel 2023, la concentrazione media lungo le strade del centro era proprio di 10 µg/m³: un livello che, se confermato in altri contesti urbani europei, significherebbe che milioni di persone sono esposte ogni giorno a un fattore di rischio significativo.

Il secondo imputato è il biossido di azoto (NO₂), prodotto dalla combustione di carburanti fossili e presente in grandi quantità nei gas di scarico delle auto, soprattutto diesel. Anche in questo caso, sebbene l’aumento del rischio sia più contenuto (+3% ogni 10 µg/m³), la sua diffusione ubiquitaria nelle aree urbane rende il problema tutt’altro che marginale.

Il terzo elemento analizzato è la fuliggine contenuta nel PM2,5, un sottoprodotto della combustione che, oltre a peggiorare la qualità dell’aria, contribuisce all’effetto serra. Secondo lo studio, ogni incremento di 1 µg/m³ di fuliggine comporta un aumento del rischio di demenza del 13%.

Una pandemia silenziosa in crescita

Oggi, nel mondo, oltre 57 milioni di persone convivono con una forma di demenza. Secondo le stime più accreditate, questo numero è destinato a triplicare entro il 2050, raggiungendo i 152 milioni di casi. Un’epidemia silenziosa, con costi umani e sociali incalcolabili.

Nonostante qualche segnale positivo in Europa e Nord America – dove in alcune fasce della popolazione la prevalenza sembra in lieve calo – in gran parte del mondo la tendenza è in aumento. E l’inquinamento atmosferico, dicono gli esperti, potrebbe essere uno dei motori di questa crescita.

“Affrontare l’inquinamento atmosferico può portare benefici a lungo termine in termini di salute, sociali, climatici ed economici”, ha dichiarato Haneen Khreis, autrice senior dello studio. “Ridurre l’esposizione può alleviare il carico sulle famiglie, migliorare la qualità della vita dei pazienti e ridurre la pressione su sistemi sanitari già al limite”.

Non possiamo più permetterci l’inazione

Il messaggio che arriva da Cambridge è inequivocabile: l’inquinamento atmosferico non è solo una questione ambientale, ma una minaccia alla salute pubblica a tutto campo. Le prove del danno causato alla salute cardiovascolare, respiratoria e neurologica si stanno accumulando. E il costo dell’inazione potrebbe essere devastante.

In città come Torino, Milano, Roma – dove i livelli di NO₂ e PM2,5 restano spesso sopra i limiti raccomandati – serve un cambio di passo. Interventi strutturali sulla mobilità, sulle fonti di riscaldamento domestico, sull’efficienza energetica degli edifici sono indispensabili, non solo per rispettare i target climatici, ma anche per proteggere la salute mentale e cognitiva della popolazione.

Il cervello umano, si scopre, è sensibile all’aria che respira. E ogni respiro inquinato può lasciare un segno, piccolo ma persistente. La demenza non è più soltanto una questione di età o predisposizione genetica: è anche una questione ambientale. E la soluzione è, letteralmente, nell’aria.

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