12 Agosto 2025
/ 6.08.2025

La Grande Barriera Corallina non ce la fa più

La Grande Barriera Corallina australiana, il più vasto ecosistema corallino del pianeta, sta attraversando la crisi più drammatica della sua storia. Secondo l’Australian Institute of Marine Science, tra agosto 2024 e maggio 2025, lo stato di salute di 124 barriere è peggiorato in tutte e tre le sezioni che compongono il sito: settentrionale, centrale e meridionale. Il dato più allarmante riguarda la zona sud, dove la copertura corallina è crollata del 30,6% rispetto al 2024. Nella parte nord si è registrato un -24,8%, mentre nel centro il calo è stato del 13,9%. A Lizard Island, un hotspot di biodiversità, alcune barriere hanno perso oltre il 70% dei coralli.

Non si tratta di un evento isolato. È il sesto episodio di sbiancamento di massa dal 2016, una frequenza senza precedenti che lascia sempre meno spazio alla rigenerazione naturale dell’habitat. L’ecosistema è sotto stress termico continuo, con temperature marine estive superiori alla media di 1-2,5 °C.

Un equilibrio spezzato

La principale causa del disastro è la crisi climatica. Il riscaldamento delle acque marine innesca lo sbiancamento dei coralli, un processo in cui le microalghe simbiotiche, fondamentali per la sopravvivenza dei coralli, vengono espulse. Senza queste microalghe, i coralli non solo perdono il loro colore ma anche la capacità di nutrirsi. E quando lo stress termico si protrae troppo a lungo, la morte è inevitabile.

A complicare ulteriormente le cose ci hanno pensato due cicloni abbattutisi tra dicembre 2023 e gennaio 2024, seguiti da pesanti inondazioni e dalla proliferazione della stella marina “corona di spine”, un predatore naturale dei coralli che approfitta degli ecosistemi indeboliti. Un mix esplosivo che ha provocato il peggior evento di sbiancamento da quando, nel 1986, sono iniziate le rilevazioni.

Sempre più vicini al punto di non ritorno

Gli scienziati ritengono che la Grande Barriera Corallina si stia avvicinando al punto di non ritorno. In altre parole, i cicli di recupero tra un evento estremo e l’altro sono sempre più brevi, e il tempo non basta più per ricostruire l’equilibrio perduto. La biodiversità ne risente: pesci, molluschi, alghe e spugne che dipendono dai coralli stanno scomparendo o migrano altrove, alterando l’intero sistema marino.

Dal 1981 Patrimonio dell’Umanità, il sito è stato più volte a rischio di essere inserito nella lista dei patrimoni “in pericolo” dall’Unesco. Ospita 400 tipi di coralli, 1.500 specie di pesci e 4.000 varietà di molluschi. Un arcipelago vivente di colori, forme e funzioni ecologiche, oggi sotto minaccia crescente.

Il report lancia un messaggio netto: o si cambia rotta, o si perde uno dei gioielli naturali più preziosi della Terra. Gli esperti invocano una drastica riduzione delle emissioni di gas serra, il potenziamento della ricerca sull’adattamento degli ecosistemi marini e interventi concreti di protezione.

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ponte sullo stretto 6ago25

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