All’alba, nella laguna di Orbetello, l’acqua sembra calma. Ma basta avvicinarsi alle reti dei pescatori per scorgere centinaia di gusci spezzati e la frenesia di decine di granchi blu che si muovono rapidi sul fondale. “È come avere un esercito contro di noi, e non sappiamo più come fermarlo”, racconta con amarezza Pierluigi Piro, presidente della cooperativa pescatori. “Fino a due anni fa smaltivamo 130 quintali l’anno, oggi siamo a 600. È una battaglia quotidiana”.
La scena che si presenta oggi nella laguna è molto diversa da quella di qualche anno fa. Nel 2024, la moria di oltre 3.000 quintali di pesce – orate e spigole soprattutto – ha eliminato i pochi predatori naturali del granchio blu, lasciando campo libero al crostaceo atlantico. In pochi mesi, la sua presenza è aumentata di cinque volte. “È stato come togliere i freni a un treno in corsa”, spiegano i biologi locali.
Lo stesso dramma si ripete più a nord, nel Delta del Po, dove la produzione di vongole, un tempo fiore all’occhiello dell’acquacoltura italiana, è oggi in ginocchio. A Goro, epicentro del settore, le mareggiate hanno divelto il 30% delle reti di protezione, aprendo la strada al predatore. “Mettiamo le nasse, le trappole, facciamo di tutto – racconta Vadis Pesanti, produttore e vicepresidente di Confcooperative Fedagripesca Emilia Romagna – ma è come svuotare il mare con un secchiello. Per ogni granchio che catturiamo, altri dieci ne entrano”.
A Scardovari, nel Polesine, la voce dei pescatori è segnata dalla stanchezza. Ogni mareggiata significa correre a riparare le reti, contare i danni, sperare che il raccolto non sia compromesso. “Il pericolo è costante – spiega Paolo Mancin, presidente del Consorzio cooperative pescatori polesine – basta che entri un gruppo di granchi e perdiamo tutto, anche il prodotto appena seminato. E quest’estate le catture hanno superato quelle del 2024: la situazione peggiora”.
Dietro queste testimonianze ci sono numeri impressionanti. Secondo Confcooperative Fedagripesca, l’emergenza ha già azzerato un comparto che valeva oltre 200 milioni di euro, con 800 operatori colpiti tra Veneto, Emilia-Romagna e Toscana. E se il fenomeno continuerà senza controllo, i danni nei prossimi anni potranno superare il miliardo.
La politica prova a reagire. Il commissario straordinario Enrico Caterino ha visitato la laguna di Orbetello, annunciando l’estensione del Piano nazionale contro il granchio blu anche ad altre aree oltre al Nord. “Ora aspettiamo i dati sui danni dalla Regione”, ha dichiarato. Ma la sensazione sul campo è che non basti.
Gli esperti parlano di un predatore formidabile: onnivoro, adattabile, capace di colonizzare rapidamente nuovi habitat. “È un alieno perfettamente integrato”, osservano i biologi marini. Non sorprende che l’Onu lo consideri una delle cento specie invasive più pericolose al mondo.
C’è chi però prova a vedere in questo flagello una possibilità. Alcuni ristoranti hanno iniziato a proporre ricette con il granchio blu, e si lavora a progetti di export verso mercati dove è già apprezzato, come gli Stati Uniti e l’Asia. Ma il problema resta: solo una minima parte delle catture ha pezzature adatte alla vendita.
Intanto, nelle lagune, la vita quotidiana dei pescatori continua tra reti strappate, raccolti persi e l’incertezza del futuro. “Non è solo una questione economica – sottolinea Piro a Orbetello – è la nostra identità che rischia di sparire. Qui la pesca è una tradizione secolare, un legame con il territorio. E ora tutto questo è minacciato da un animale venuto da lontano”.