11 Settembre 2025
/ 10.09.2025

Adesso la via della seta passa dall’Artico

Grazie ai buoni uffici di Trump l’asse anti occidentale si rafforza. Prima l’accordo Pechino-Mosca sul gas, ora la linea commerciale che corre dove un tempo c’erano i ghiacci eterni. Facendo crescere i rischi geopolitici e ambientali

La via della seta ha trovato una scorciatoia tra quelli che una volta erano chiamati i ghiacci eterni. Tra 10 giorni prenderà il largo l’“Arctic Express”, la nuova linea container che collegherà Ningbo-Zhoushan, in Cina, con l’Europa passando per l’Artico. Un tragitto che dimezza i tempi rispetto alla tradizionale rotta via Suez: diciotto giorni invece di circa quaranta. Una rivoluzione nella logistica globale che porta la firma di Pechino.

L’esperimento non è improvvisato. Ad agosto la nave Istanbul Bridge, con una capacità di quasi 5.000 container, ha completato la parte artica della traversata in soli sei giorni, per collegare San Pietroburgo a Qingdao in 25 giorni complessivi. Il tracciato mostra la capacità cinese di muoversi da protagonista indipendente sul palcoscenico polare. Ma la cornice geopolitica racconta anche altro. I continui diktat nevrotici di Trump hanno saldato e allargato il fronte anti Usa. E al recente vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), Xi Jinping e Vladimir Putin hanno messo in chiaro l’obiettivo di ridisegnare le rotte globali dei commerci e dell’economia, minando l’ordine costruito intorno a Washington e al dollaro.

L’Artico come frontiera

Da anni Pechino studia l’Artico come terreno di espansione commerciale e scientifica. La compagnia NewNew Shipping Line nel 2024 ha effettuato tredici viaggi lungo la rotta artica, il doppio rispetto all’anno precedente. Ora i traffici entrano in una nuova fase: la Haijie Shipping Company collegherà con la Cina non solo Felixstowe in Uk, ma anche Rotterdam, Amburgo e Danzica.

La posta in gioco va oltre l’aspetto mercantile. Dalla pandemia al blocco del Canale di Suez fino agli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso, gli ultimi anni hanno mostrato quanto sia fragile la logistica globale. Aprire un nuovo corridoio significa ridurre la dipendenza da strozzature strategiche e al tempo stesso rafforzare il ruolo della Cina come hub planetario.

Il progetto non viaggia in solitaria. Dopo l’invasione dell’Ucraina, la Russia è stata isolata nel Consiglio Artico, trovando in Pechino un partner naturale. Come ricorda Claudio Padice su HuffPost, il gigante russo dell’atomo Rosatom ha siglato una joint venture con la Hainan Yangpu NewNew Shipping Co. Ltd, per la produzione di infrastrutture e navi portacontainer di classe polare in modo da sviluppare la rotta estrema tutto l’anno, nel medio-lungo periodo.

Così si rafforza un’intesa che vede negli scambi energetici un altro elemento essenziale. Mosca continua a fornire GNL e petrolio alla Cina, anche in forme che sfuggono alle sanzioni, e firma un memorandum “giuridicamente vincolante” con la Cina per la realizzazione del Power of Siberia 2, un gasdotto gigantesco destinato a trasportare fino a 50 miliardi di metri cubi di gas all’anno verso il Dragone https://ultimabozza.it/lalleanza-energetica-che-sposta-a-est-il-baricentro-del-mondo/. È l’immagine di un patto che consente a entrambe le potenze di rafforzarsi e presentarsi come alternativa all’ordine occidentale.

Il lato oscuro del ghiaccio che fonde

Dietro l’efficienza logistica della nuova rotta polare si affaccia però una trappola ambientale. La progressiva fusione dei ghiacci artici, prodotta dalla crisi climatica, è la condizione che apre questa scorciatoia. Secondo le proiezioni, entro il 2030 l’Artico potrebbe vivere la sua prima estate quasi priva di ghiaccio, con la prospettiva di rotte aperte tutto l’anno entro la metà del secolo. Ma gli ambientalisti avvertono: più traffico significa più emissioni di black carbon, maggior rischio di incidenti in un ecosistema delicatissimo, minacce dirette a fauna e flora. Trasformare l’Artico in un corridoio per i container non è un dettaglio innocuo, ma un cambio di paradigma con conseguenze globali.

Per ora il servizio potrà operare solo nei mesi estivi e autunnali, da luglio a novembre, quando i ghiacci si ritirano. Ma i piani guardano oltre: navi rompighiaccio, rotte operative tutto l’anno, sfruttamento di risorse energetiche e minerarie. Dall’altra parte del globo, Washington reagisce con crescente allarme: l’America, forte della posizione in Alaska e delle rivendicazioni sulla Groenlandia, considera l’Artico cruciale per la sua sicurezza. La nuova autostrada d’acqua tra Asia ed Europa nasce come scorciatoia mercantile, ma rischia di diventare l’asse lungo il quale si giocherà una parte decisiva del nuovo ordine mondiale. E del nuovo assetto climatico.

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