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Società

Il gossip, l’edificazione dei castelli di sabbia in rete va in spiaggia

13.07.2023

Nell’era del web e delle voci circolanti immediate, il gossip si amplifica. Nudità e status symbol da esibire, carriere gonfiate, racconti mirabolanti, sono Facebook, Tik Tok e Twitter a veicolare questo vizio surclassando l’immagine retrò di un medium artigianale legato ai sussurri di un tempo. Ma il gossip fa anche bene, vediamo come.

L’estate regala un passatempo sociale consolidato. Col mare a un passo, in quest’Italia legata a un granello di sabbia, sotto l’ombrellone si realizza la fenomenologia delle falsità: la moralità delle qualità personali si contrappone ai difetti, errori, fallimenti delle altre persone, amiche o conoscenti che siano. E sulle nudità da esporre, status symbol da esibire, carriere gonfiate, racconti mirabolanti, soffia il venticello del gossip, che rimbalza e s’insinua tra le sdraio. Il chiacchiericcio si espande come panna montata. Rende credibili situazioni e persone, assecondando un’innata predisposizione voyeristica, riempie il vuoto, edulcora la realtà, l’esorcizza.

Si parla e sparla del nulla, l’aria fritta in primis. Mille menzogne, una sola verità. «Le menzogne sono tante e la verità nessuna», sussurra Josè Saramago nella Caverna. Fioccano i moniti moralistici che confliggono, però con l’immoralità delle modalità di trasmissione, perché ai cosiddetti imputati non è garantito diritto di difesa né di replica. Tik Tok, Facebook, Instagram & Co veicolano il “gossip da social media” attualizzando la nozione stessa del pettegolezzo, antica quanto l’uomo. L’occhio nel buco della serratura del “palazzo” o nel “caravanserraglio” di vip e para-vip, grandi fratelli e isole dei famosi-fumosi, per violare intimità e fasciarsi di trash, innesca un cortocircuito di morbosità pettegola che corre sui circuiti virtuali, poi, gogna mediatica. Senza scalfire la realtà: i potenti rimangono potenti, gli esclusi restano tali. Sulle ali di paradossalità e ubiquità, e quella stigmatizzazione censoria celata dietro un neutrale (ipocrita?): «si dice che…» (dicet e dicunt di latina memoria), s’edifica un castello di sabbia (in tema) di mattoncini prefabbricati, perché non costa nulla ficcare il naso in biancheria e portafogli altrui, tra miserie e glorie: quasi uno sport che allunga la vita.

Nell’era del web e delle voci circolanti immediate, il gossip si amplifica (secondo una ricerca di Laurent Bègue di Psychologies Magazine), contribuendo a costruire legami sociali perché le “antipatie condivise” riducono le tensioni, attivano la condivisione e innescano la valvola del “libero sfogo” spesso condita da ironia ed umorismo.

In questo luogo d’indeterminatezza, un po’ confessionale, un po’ teatro, ben il 67% tra le donne e il 55% delle conversazioni tra uomini, nel corso della giornata, si dedicano al pettegolezzo (Social Issues Research Center). Finanziato da Yahoo Research ed IBM, rimane illuminante lo studio (Rumours spreading and graph conductance «Teorema della diffusione del gossip e conduttanza del grafo», (Prof. Panconesi, Chierichetti, Lattanzi, Dip. Informatica – Università La Sapienza di Roma) teso a calcolare la velocità con cui le informazioni si propagano per tutto il Web, da Facebook a Twitter, nel sottolineare l’immediatezza informativa ed emozionale e “gossippara”: io dico una cosa a te-tu la dici ad altri-altri la riferiscono a n-persone, secondo vasi comunicanti, che pur partendo da basi di assoluta informalità hanno accesso fulmineo sui social, seguendo una sofisticata formula matematica (l’algoritmo del gossip appunto), per calcolare i tempi di diffusione del pettegolezzo.

La graticola del dileggio sarcastico-demolitore ha ancora mille estati davanti, e viaggia in Rete in un crescendo rossiniano.

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