Da ieri chi passeggia nei boschi o va a correre ha un problema in più. Deve fare attenzione alle doppiette. Da ieri, infatti, si è riaperta la stagione venatoria. Un’attività poco amata o detestata dalla maggioranza degli italiani ma tollerata per via di una legge, la 157, che nel 1992 riuscì a trovare un delicato punto di equilibrio. I cacciatori riconoscevano l’importanza degli equilibri ecosistemici e della biodiversità e accettavano di inserire la loro attività all’interno degli spazi fissati dalle direttive europee e dalla comunità scientifica a difesa della hiodiversità. In cambio evitavano il referendum.
La caccia è infatti un’attività arcaica, legata alla sopravvivenza in tempi lontani, con un numero di seguaci in continua diminuzione. Ben pochi oggi, camminando in un bosco, quando intravedono un animale desiderano inquadrarlo nel mirino di un fucile invece che nello schermo di una macchina fotografica. In questa situazione il blitz delle destre che hanno presentato un disegno di legge che si fa beffe delle direttive a tutela della biodiversità e mette all’ultimo posto il parere della comunità scientifica in nome della deregulation è una sostanziale provocazione rispetto alla sensibilità media degli italiani.
Così la decisione di far proseguire i lavori di Palazzo Madama a tappe forzate, in notturna, mettendo questa questione al centro dell’attenzione mentre le tensioni attorno alle due guerre alle porte dell’Europa crescono, ha creato una la sollevazione dell’opposizione che ha trovato un altro elemento attorno a cui rafforzare l’unità d’azione https://ultimabozza.it/gaza-brucia-il-governo-se-la-piglia-con-i-fringuelli/
E adesso contro il disegno di legge “Sparatutto” è stata depositata in Senato una proposta di legge di iniziativa popolare, sostenuta dalle principali associazioni animaliste – Animalisti Italiani, Enpa, LAC, LAV, LNDC e Oipa – che chiede l’abolizione totale della caccia.
Una raccolta firme record
Le firme raccolte per l’iniziativa #StopCaccia sono 53 mila e sono state ottenute in appena sette settimane: un tempo record, visto che la legge concede sei di mesi. Una spinta che le associazioni leggono come segnale della “stragrande maggioranza dei cittadini da sempre contrari all’uccisione degli animali per divertimento”.
“Siamo molto orgogliosi del risultato raggiunto che arriverà sul tavolo delle Commissioni congiunte Ambiente e Agricoltura del Senato, che hanno ripreso nei giorni scorsi l’esame del Disegno di Legge ‘Sparatutto’ voluto dal ministro Lollobrigida e ora affidato ai partiti di maggioranza e che rischia di essere ancora di più peggiorato da emendamenti dei senatori di maggioranza, facendo rientrare ‘dalla finestra’, solo per citare due esempi la caccia sulle spiagge e l’aumento delle specie impallinabili. Il successo della nostra iniziativa popolare dimostra invece che le cittadine e i cittadini sono consapevoli del pericolo in corso, del principio Costituzionale calpestato della tutela degli animali e della biodiversità, della violazione delle Direttive europee di tutela dell’ambiente e di quanto la situazione potrebbe ancora peggiorare già con i paralleli provvedimenti di riapertura della caccia ai lupi e agli uccelli migratori nei valichi montani che erano state fermate da provvedimenti giudiziari. La nostra iniziativa #STOPCACCIA rappresenta la volontà di coloro che non vogliono più animali selvatici trucidati, come succederà con l’apertura nazionale della stagione venatoria”, hanno dichiarato le associazioni firmatarie della proposta di legge di iniziativa popolare.
Una frattura nella società
Il conflitto appare ormai frontale, Da una parte ci sono le associazioni venatorie, che vogliono far diventare i loro fucili “gestori ambientali”, “bioregolatori” come li ha definito il ministro Lollobrigida parlando a un convegno sulla fauna (l’uomo deve “riprendersi il diritto di essere bioregolatore”). Dall’altra, un fronte animalista e ambientalista che denuncia la lobby della caccia come una delle più vicine all’attuale governo.
Mentre i fucili tornano a sparare nei boschi italiani, si apre dunque una partita politica che potrebbe ridisegnare il futuro della caccia. Il Parlamento dovrà discutere contemporaneamente un ddl che ne estende le possibilità e una legge popolare che ne chiede l’abolizione. È uno scontro che tocca questioni centrali come la biodiversità, la tutela degli animali e il rapporto tra tradizione e sensibilità contemporanea. La domanda è: quella di quest’anno sarà solo un’altra stagione di caccia, o l’inizio della fine della caccia?