23 Settembre 2025
/ 23.09.2025

Fossili fuori controllo: un nuovo rapporto accusa i governi

Il Production Gap Report: a dieci anni da Parigi, molti piani energetici nazionali sono ancora in rotta di collisione con gli obiettivi climatici. Prevedono di estrarre oltre il doppio di carbone, petrolio e gas rispetto a quanto consentirebbe il rispetto della soglia di +1,5 °C

Sono passati dieci anni dall’Accordo di Parigi, eppure i governi continuano a spingere sull’acceleratore dei combustibili fossili. Il Production Gap Report 2025, pubblicato da Stockholm Environment Institute, Climate Analytics e International Institute for Sustainable Development, fotografa una realtà inquietante: al 2030 i Paesi prevedono di estrarre oltre il doppio di carbone, petrolio e gas rispetto a quanto consentirebbe il rispetto della soglia di +1,5 °C, e il 77% in più rispetto al percorso compatibile con i +2 °C.

Rispetto all’analisi del 2023, la situazione è addirittura peggiorata: il divario tra piani di produzione e traiettoria climatica si è allargato dal 110% al 120% per l’obiettivo 1,5 °C.

L’aumento delle estrazioni fino al 2050

Il rapporto evidenzia che i governi, invece di frenare, hanno rivisto al rialzo le proprie strategie: più carbone fino al 2035, più gas fino al 2050, e petrolio che continua a crescere almeno fino a metà secolo. È una scelta che non solo mina gli impegni assunti a Parigi e ribaditi nel Global Stocktake approvato alla COP28 di Dubai, ma contrasta anche con le stesse previsioni dell’Agenzia internazionale per l’energia, secondo cui la domanda mondiale di fossili dovrebbe toccare il picco entro la fine di questo decennio.

Se questi piani verranno rispettati, nel 2030 la produzione di carbone sarà superiore del 500% al percorso compatibile con 1,5 °C, il petrolio del 31% e il gas del 92%.

L’analisi riguarda venti Paesi responsabili di circa l’80% della produzione globale: dall’Arabia Saudita agli Stati Uniti, passando per Cina, India, Russia e Brasile. Ben 17 di loro prevedono di aumentare almeno un tipo di combustibile fossile da qui al 2030. Undici Paesi, tra cui Stati Uniti, Russia e Nigeria, hanno alzato ulteriormente le proprie proiezioni rispetto a due anni fa. Solo sei hanno cominciato a delineare scenari di riduzione coerenti con obiettivi di neutralità climatica.

E anche laddove esistono impegni formali di “net zero”, il sostegno pubblico ai fossili resta altissimo: sussidi diretti, investimenti nelle compagnie statali, incentivi fiscali all’esplorazione e apertura di nuove aree di estrazione.

Il rischio dei “beni incagliati”

Ogni anno perso complica la situazione. Continuare a investire in infrastrutture fossili negli anni Venti significa mettere in conto future perdite economiche in uno scenario di transizione energetica, con asset che diventeranno inutilizzabili prima di rientrare dei costi. “È intollerabile pensare non solo agli sprechi finanziari, ma soprattutto ai costi umani e ambientali che queste scelte scaricano sulle popolazioni più vulnerabili”, avverte Neil Grant, coautore del rapporto e analista di Climate Analytics

Qualche segnale incoraggiante esiste: la Cina ha già superato con sei anni di anticipo l’obiettivo 2030 per le rinnovabili, il Brasile ha lanciato un programma di accelerazione della transizione energetica, la Colombia ha adottato una roadmap per una giusta transizione. Ma si tratta di eccezioni, non della regola.

“Per mantenere vivo l’obiettivo 1,5 °C servono riduzioni rapide e coordinate di carbone, petrolio e gas, con una transizione equa e centrata sulle comunità”, sottolinea Emily Ghosh, direttrice del programma “Equitable Transitions” di SEI

“Le rinnovabili inevitabilmente prenderanno il sopravvento, ma serve coraggio e solidarietà adesso per colmare il divario in tempo”, ammonisce Christiana Figueres, ex segretaria UNFCCC. Con l’avvicinarsi della COP30, l’appello è netto: stop a nuove estrazioni, via libera alle rinnovabili e a piani di riduzione della domanda. Continuare a scommettere sui fossili significa condannare il pianeta a temperature fuori controllo e a impatti sempre più devastanti.

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