Mentre Trump definisce la crisi climatica “una truffa”, continuano a emergere dati scientifici che mostrano la gravità del problema. In Italia il cambiamento climatico sta riscrivendo la geografia a suon di eventi estremi, danni e costi altissimi. Un nuovo, durissimo report del Centro Studi sul Cambiamento Climatico (Ccsc) fa un bilancio impietoso: solo nel 2024, abbiamo contato ben 351 eventi climatici estremi. Non sono numeri di un film catastrofico, ma la nostra cronaca. E se il Nord paga lo scotto di piogge torrenziali e alluvioni lampo – con l’Emilia-Romagna colpita da oltre 50 episodi distruttivi e la Lombardia sommersa da 1.000 mm di pioggia in pochi mesi – il Sud e le Isole stanno affrontando il lato opposto della stessa medaglia: una siccità cronica che sta prosciugando bacini e mettendo in ginocchio l’agricoltura.
Valerio Molinari, presidente del Ccsc, è diretto e senza giri di parole: “Questa non è un’anticipazione. È la cronaca del presente”. Quelle proiezioni che una volta guardavamo con preoccupazione oggi sono i bollettini del meteo. La crisi climatica ha già cambiato l’Italia, e noi, ammette, “continuiamo a rincorrere, anziché prevenire”.
Negli ultimi 14 anni, i giorni con temperature sopra i 35°C sono raddoppiati. A Roma, siamo passati da 4 a quasi 28 giorni roventi all’anno. Terni è diventata la città più calda, con 49 giorni sopra i 35°C solo nel 2024. Questi non sono semplici disagi, ma una minaccia concreta alla nostra salute, all’economia e alle infrastrutture.
Tre passi per un futuro più sicuro
Il report non si limita a denunciare. Offre una vera e propria tabella di marcia per la salvezza. Per il Ccsc, è finita l’era dell’improvvisazione. L’Italia deve anticipare, prevenire, gestire. Serve innanzitutto riqualificare la rete idrica, perché è un’assurdità che il 45% della nostra acqua potabile si disperda nel nulla.
Se vogliamo affrontare la siccità, il primo passo è smettere di sprecare. È indispensabile poi la manutenzione del suolo e la difesa delle coste, poiché fiumi che esondano e coste che arretrano sono il segno di un territorio trascurato. Dobbiamo investire nella manutenzione preventiva, non solo nella ricostruzione post-disastro. Infine, è necessario un adattamento basato sui dati. Non possiamo più navigare a vista, ma dobbiamo usare la scienza e la tecnologia per prevedere dove e quando il prossimo evento estremo colpirà, e agire di conseguenza.
“L’adattamento climatico non è un lusso: è la base della sicurezza nazionale”, conclude Molinari. Con un possibile aumento di +6°C entro il 2100 e oltre 7.400 Comuni a rischio, la scelta è tra agire ora, con una strategia concreta, o trovarci a pagare un prezzo sempre più alto.