27 Settembre 2025
/ 25.09.2025

Violato il settimo limite: anche l’oceano entra nella zona rossa

Sette confini planetari violati su nove. L’allarme arriva dal nuovo rapporto internazionale del Potsdam Institute for Climate Impact Research

Sette dei nove limiti vitali che regolano la stabilità della Terra sono stati superati. È la fotografia scattata dal Planetary Health Check 2025 del Potsdam Institute for Climate Impact Research, che aggiorna la mappa della salute del pianeta. Per la prima volta entra in “zona pericolo” anche l’acidificazione degli oceani, un confine finora rimasto sotto la soglia rossa.

“Più dei tre quarti dei sistemi di supporto della Terra non sono più in un’area sicura. L’umanità sta spingendo oltre i limiti dello spazio operativo sicuro, aumentando il rischio di destabilizzare il pianeta”, ha dichiarato Johan Rockström, direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research.

Oceani sotto pressione

Il nuovo indicatore segnala che il pH superficiale marino è sceso di circa 0,1 unità dall’era preindustriale, un aumento dell’acidità del 30-40%. Per gli ecosistemi marini è un cambiamento drastico. Coralli, molluschi e piccoli organismi come i pteropodi – base di intere catene alimentari – mostrano già segni di danneggiamento. A cascata, le conseguenze investono la pesca, la sicurezza alimentare e l’equilibrio climatico globale.

Levke Caesar, co-direttrice del laboratorio Planetary Boundaries, è netta: “L’oceano sta diventando più acido, i livelli di ossigeno calano e le ondate di calore marino aumentano. È una pressione crescente su un sistema vitale per stabilizzare le condizioni del pianeta”.

Il quadro complessivo tracciato dal rapporto è allarmante: clima, biodiversità, suolo, acqua dolce, cicli di azoto e fosforo, sostanze chimiche di sintesi e ora oceani sono oltre i limiti di sicurezza. Restano stabili solo due indicatori: l’ozono stratosferico, grazie al successo del Protocollo di Montréal, e gli aerosol atmosferici, in calo a livello globale nonostante persistano situazioni critiche in Asia e Africa.

Secondo i ricercatori, la perdita di resilienza del pianeta aumenta il rischio di superare punti di non ritorno: il collasso delle calotte glaciali, la destabilizzazione delle grandi correnti oceaniche, il declino irreversibile di foreste e barriere coralline.

Un’emergenza globale

Il rapporto intreccia dati scientifici e richiami politici. “Senza oceani sani, pace, prosperità e stabilità sono a rischio ovunque”, ha avvertito l’ex presidente colombiano Juan Manuel Santos, co-vicepresidente dei Planetary Guardians. Per Paul Polman, già CEO di Unilever, il superamento del limite oceanico “sottolinea la fragilità della nostra economia globale e l’urgenza di cambiare rotta”.

Anche le voci dei popoli indigeni trovano spazio. “Abbiamo sempre saputo che spingersi oltre i limiti della natura significa mettere a rischio ogni forma di vita”, ha ricordato Hindou Oumarou Ibrahim, leader comunitaria del Ciad.

“Il crollo non è inevitabile: fallire è una scelta. E questa scelta può e deve essere evitata”, ha concluso Rockström. Gli scienziati ricordano che politiche mirate possono funzionare: la chiusura del buco dell’ozono ormai avviata ne è la prova. Ma occorre estendere la stessa determinazione alla protezione degli oceani, alla decarbonizzazione e al ripensamento dei modelli di produzione e consumo.

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