8 Ottobre 2025
/ 7.10.2025

La seconda ondata della Flotilla

La Freedom Flotilla prosegue il suo viaggio verso Gaza tra tensioni e appelli internazionali. A bordo della nave Conscious personale sanitario e giornalisti mentre continuano i rientri in Italia degli attivisti arrestati da Israele durante la precedente spedizione della Global Sumud Flotilla

“Ci apprestiamo ad entrare nella zona ad alto rischio di attacco illegale da parte delle forze di occupazione israeliane. Nonostante questa nave sia composta esclusivamente da personale sanitario e giornalisti che sono partiti in solidarietà con Gaza e per portare aiuti concreti alla popolazione palestinese, potremmo essere attaccati e attaccate a breve”.

Francesco, medico trentaduenne e attivista di Ultima Generazione, si trova a bordo della Conscious, una delle navi della Freedom Flotilla, in navigazione da otto giorni verso Gaza. In un messaggio diffuso sui social, l’attivista lancia un appello: “Chiamo tutta la popolazione italiana, tutte le persone che si sono mobilitate fino a ora e anche chi non lo ha ancora fatto, a scendere in piazza e a scioperare l’8 ottobre, data del probabile attacco. È fondamentale continuare la pressione sul governo Meloni per ottenere risultati concreti di embargo su Israele”.

In un appello, la Coalizione della Freedom Flotilla e Thousand Madleens chiedono a Stati, Nazioni Uniti e Unione europea denunciano le torture subite dai componenti della precedente missione, la Sumud Flotilla, e chiedono che venga loro garantita una navigazione sicura.

La nuova missione: solidarietà e rischio

La Freedom Flotilla, promossa dal Global Movement To Gaza, è un’iniziativa umanitaria e civile, “non violenta e pienamente legale”, come la definisce la Cgil di Roma e del Lazio. Alla missione partecipa anche Stefano Argenio, rappresentante sindacale e infermiere presso l’AO San Giovanni Addolorata di Roma.

“La missione è composta esclusivamente da personale sanitario e da giornalisti — spiega la Cgil — e ha l’obiettivo di interrompere il blackout mediatico e sanitario a Gaza». Dal 2007, e in modo ancora più drammatico negli ultimi due anni, «le strutture e gli operatori sanitari, così come l’infrastruttura dell’informazione, subiscono attacchi continui”.

Il Ministero degli Affari Esteri giordano ha annunciato l’arrivo nel Paese di 131 attivisti espulsi da Israele, provenienti da oltre venti nazioni — tra cui Bahrein, Tunisia, Algeria, Oman, Kuwait, Libia, Pakistan, Turchia, Argentina, Australia, Brasile, Regno Unito e Stati Uniti — attraverso il Ponte Re Hussein, in seguito ad accordi con le autorità israeliane per garantirne il passaggio in sicurezza.

Gli attivisti della Global Sumud Flotilla: esposti, rientri e racconti

Sono intanto all’attenzione della Procura di Roma gli esposti presentati nei giorni scorsi dagli attivisti e parlamentari italiani che erano a bordo delle imbarcazioni della Global Sumud Flotilla e fermati dalle autorità israeliane in prossimità delle coste di Gaza. Gli incartamenti – in cui si ipotizza anche il reato di sequestro di persona- sono ora oggetto di valutazione e analisi da parte degli inquirenti, coordinati dal procuratore Francesco Lo Voi.

Tra gli attivisti che in queste ultime ore hanno fatto rientro in Italia, uno di loro, visibilmente provato, ha raccontato: “Ora sto bene. È stato un continuo di torture psicologiche: dalla privazione del sonno al puntarci ripetutamente armi contro, sia agli uomini che alle donne. Il cibo era immangiabile”. Un altro, con la voce rotta, aggiunge: “Non ci aspettavamo questo livello di violenza gratuita… siamo stati presi come ostaggi”.

Federica Frascà, uno degli attivisti italiani, ha spiegato: “Le giornate sono state super dure, ma sappiamo di aver fatto la cosa giusta e di aver scritto una pagina storica». Prima di salutare, ha confessato: «Ora vorrei dormire, riposare e mangiare un gelato».

Tony La Piccirella, attivista barese, racconta: “Eravamo in una prigione al confine con Gaza. Nell’ala accanto a noi c’erano i nostri fratelli e sorelle palestinesi. Il nostro avvocato ci ha detto che potevano sentire le canzoni, i canti, il casino che facevamo: ha rotto il loro isolamento e ha portato un po’ di speranza. Noi sentivamo solo i caccia volare sopra le nostre teste, mentre andavano a bombardare la loro terra”.

L’attivista è rientrato con l’ultimo gruppo di sette italiani che non avevano firmato il foglio di rilascio volontario e che hanno dovuto attendere l’espulsione per via giudiziaria. Anche all’aeroporto di Barcellona-El Prat è avvenuto il rientro della presidente spagnola del gruppo CUP, Pilar Castillejo, e di altri attivisti della Flotilla. Castillejo ha annunciato un’azione legale contro quello che ha definito un “rapimento” da parte dello Stato israeliano, denunciando condizioni di “abuso fisico e psicologico” e la mancanza di medicinali per detenuti.

Secondo le fonti, oltre 470 persone di nazionalità varie sarebbero state fermate nel corso dell’intercettazione della Flotilla. Molti di questi attivisti avrebbero denunciato maltrattamenti in custodia: colpi, insulti, privazione del sonno, condizioni igieniche degradanti, restrizioni nell’accesso a cibo e acqua. Israele respinge queste accuse, sostenendo che tutti i diritti dei detenuti sono stati rispettati.

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