17 Ottobre 2025
/ 16.10.2025

Per la Cop30 il conto alla rovescia parte in salita

A Brasilia si è conclusa formalmente la pre-Cop. Su finanziamenti per l’adattamento e sull’uscita dalle fonti fossili l’intesa è ancora molto lontana

Si fa presto a dire Cop30. Nella capitale Brasilia, a tre settimane dall’evento che si svolgerà a Belem, nello Stato amazonico di Parà, si è conclusa formalmente la pre-Cop, una due giorni negoziale alla quale hanno partecipato 67 Paesi e che aveva il fine di provare a sbrogliare la matassa negoziale, eliminando almeno alcuni dei molti nodi. Ma l’esito è stato, sebbene non negativo, modesto, così modesto che la presidenza di Cop30 ha deciso di prolungare gli incontri a porte chiuse, con colloqui bilaterali, almeno fino a venerdì.

Il piatto piange, e non solo per l’assenza degli Stati Uniti che con la presidenza Trump si sono chiamati fuori. Lo si è visto quando si è andati al nocciolo della questione, i finanziamenti, in primis per l’adattamento, e l’eliminazione delle fonti fossili. Sul primo obiettivo l’accordo raggiunto alla Cop 29 di Baku (300 miliardi di dollari all’anno dai Paesi ricchi) è considerato inadeguato dai Paesi in via di sviluppo più colpiti, che chiedono 1,3 miliardi. Ma dai Paesi ricchi è sinora venuta una chiusura totale.

L’opposizione dell’Arabia Saudita

E anche sull’uscita dai fossili si è lontanissimi da un’intesa. Nella plenaria sulla transizione energetica, dopo che il ministro dell’Ambiente brasiliano Marina Silva e altri hanno sottolineato l’importanza che il mondo acceleri l’eliminazione graduale dalle fonti fossili responsabili in via prioritaria delle emissioni che alterano il clima, il rappresentante dell’Arabia Saudita, Abdelrahman Al-Gwaiz, consigliere capo del Regno saudita per l’ambiente e la sostenibilità, ha subito reagito con durezza: “Il Global Stocktake non affronta solo questo tema, non c’è motivo di insistere nel trattarlo in modo così prominente!”. Un refrain già visto e che a Cop 29 fece fare un passo indietro rispetto a quello che si era ottenuto a Cop 28 con l’approvazione, nel Global Stocktake, dello storico ancorché moderato riferimento al “transitioning away” (l’uscita progressiva) dalle fonti fossili. Su questo a Belem si riproporrà il braccio di ferro. Da notare che a Brasilia un ruolo costruttivo lo hanno avuto non solo Brasile e Ue, ma anche Cina e India. Il che non era scontato.

“In termini di consenso, ce n’è uno che è sicuramente molto forte tra noi: è molto difficile stabilire un consenso tra i 197 Paesi della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici”, ha amaramente riassunto la ministra dell’Ambiente e dei Cambiamenti Climatici, Marina Silva, nella conferenza stampa di martedì sera, al termine della due giorni “ufficiali” della pre-Cop a Brasilia. E il presidente della Cop30, l’ambasciatore Andrea Correa do Lago non lo ha negato: “Le Cop hanno questa dinamica di suspense di cui vorrei non avessimo bisogno. Abbiamo compiuto progressi importanti, abbiamo tracciato delle linee rosse per capire fino a dove le delegazioni sono pronte a spingersi. È stata estremamente utile, perché ora abbiamo una comprensione molto più approfondita dei limiti che i Paesi e i gruppi riuniti a Belém possono e non possono accettare in un processo negoziale Ma solo negli ultimi giorni a Belem sarà possibile sapere se ci sarà un consenso sulla maggior parte delle questioni”. Oppure no.

La proposta di Marina Silva

Durante la cerimonia di chiusura formale della pre-Cop Marina Silva aveva sostenuto che sarà necessario affrontare l’insufficiente ambizione – o lacuna, come viene più comunemente definita – dei Contributi Determinati a Livello Nazionale (NDC), i documenti in cui ciascun Paese riferisce quando e come raggiungerà gli obiettivi stabiliti dall’Accordo di Parigi per ridurre il riscaldamento globale. Altrimenti, “non saremo all’altezza della sfida che ci stiamo ponendo”. Ma almeno formalmente, l’agenda non lo prevede.

L’ipotesi fatta dalla presidenza brasiliana è che questo e altri temi scomodi non in agenda possano essere affrontati in una dichiarazione del vertice dei presidenti e dei primi ministri, che si terrà pochi giorni prima della Cop, o come “decisione conclusiva” della Cop. Ma la maggioranza delle delegazioni a Brasilia non si è mostrata disponibile: i favorevoli alla transizione vogliono mantenere il tema nella Cop, mettendolo in agenda per dargli forza, gli Stati produttori di fonti fossili vogliono di contro escluderlo formalmente perché “non in agenda”.

Tra i risultati dei negoziati a Brasilia c’è la presentazione dell’impegno congiunto tra Brasile, Italia, Giappone e India di quadruplicare la produzione e l’uso di “combustibili sostenibili” entro il 2035, usando come riferimento i livelli del 2024. Ogni Paese avrà un impegno comune ma un obiettivo diverso da raggiungere entro il 2035. I combustibili sostenibili includono biocarburanti, idrogeno ed e-fuel e l’obiettivo di quadruplicarne la produzione si basa su un rapporto dell’Agenzia Internazionale per l’Energia. L’impegno richiede il sostegno di altri Paesi per acquisire slancio prima del Vertice di Belém.

La posizione italiana

In plenaria, il viceministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica dell’Italia, Vannia Gava, ha sottolineato che “l’iniziativa è fondata su dati scientifici e sulle evidenze della Iea, che riconoscono il potenziale dei carburanti sostenibili nell’abbattimento delle emissioni e mira a coniugare sostenibilità, sicurezza e produttività”. “Siamo orgogliosi della condivisione internazionale che stiamo raccogliendo – ha aggiunto – e siamo certi che il nostro pledge otterrà il sostegno di molti Paesi, anche all’interno dell’Unione Europea. L’Italia si conferma protagonista nella ricerca di soluzioni concrete, innovative e all’avanguardia per un futuro energetico sostenibile”. Quella presentata a Brasilia è una proposta basata sul principio della “neutralità tecnologica”, che vuole garantire all’industria automobilistica che anche dopo il 2035 ci sarà uno spazio per i motori termici o comunque non elettrici puri, ed è sponsorizzata in ogni consesso dai grandi produttori che, come l’italiana Eni, sono leader nei carburanti di nuova generazione.

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