22 Ottobre 2025
/ 21.10.2025

La Danimarca lancia la prima tassa sulle emissioni delle mucche

Ma l’obiettivo è non farla pagare, cioè spingere gli agricoltori ad adottare misure preventive

La Danimarca questa volta nel mirino della guerra contro il cambiamento climatico mette le emissioni delle mucche e dei maiali. In quella che si preannuncia come una prima mondiale, il governo danese sta per attuare una tassa sui gas scaricati in vari modi dagli allevamenti di bestiame, ma con un approccio decisamente innovativo: aiutare gli allevatori a non pagarla.

L’iniziativa è stata votata lo scorso dicembre, ed entrerà in vigore nel 2030. Ma non è (soltanto) un semplice balzello punitivo. Il ministro della Transizione Verde Jeppe Bruus ha infatti annunciato un massiccio piano di investimenti pubblici in tecnologie che permetteranno agli allevatori di ridurre o compensare le emissioni dei loro animali. “L’obiettivo della tassa non è quello di generare entrate”, ha spiegato Bruus durante la Climate Week di New York. “L’idea è che gli allevatori non debbano pagarla perché, semplicemente, non inquineranno più”.

Quaranta euro per tonnellata di metano

In caso, comunque, la tassa c’è: all’inizio il prelievo sarà di 300 corone danesi (circa 40 euro) per tonnellata di metano, destinato ad aumentare fino a 750 corone (circa 100 euro) entro il 2035. Il piano include uno sgravio fiscale del 60% per gli allevatori che riusciranno a ridurre le emissioni di metano dei loro animali, potenzialmente attraverso l’uso di diversi additivi alimentari.

La Danimarca, importante esportatore di carne suina e prodotti lattiero-caseari, sta mettendo in campo risorse significative: 10 miliardi di corone danesi (circa 1,6 miliardi di euro) solo per lo sviluppo della pirolisi, una tecnologia che trasforma il letame – fonte importante di metano – in prodotti utilizzabili come energia e fertilizzanti. Il governo sta inoltre investendo in additivi alimentari innovativi come il Bovaer, prodotto da DSM Firmenich, che riduce la produzione di metano nei rutti bovini.

La Nuova Zelanda ci aveva provato

Non è la prima volta che un Paese tenta questa strada. La Nuova Zelanda ci aveva provato nel 2022, ma ha dovuto fare marcia indietro due anni dopo sotto la pressione delle proteste degli allevatori. La Danimarca sembra aver imparato da quell’esperienza, puntando più sugli incentivi che sulle sanzioni.

Il piano si inserisce nell’ambizioso obiettivo danese di ridurre le emissioni del 70% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Ma non mancano le sfide: i lunghi tempi di approvazione dell’Unione Europea per le nuove tecnologie rappresentano un ostacolo significativo. Secondo Bruus, le aziende che sviluppano biopesticidi devono attendere fino a otto anni per ottenere il via libera europeo, tanto che alcune stanno considerando di trasferirsi negli Stati Uniti, dove la regolamentazione è meno stringente.

I prossimi cinque anni saranno cruciali per definire i dettagli tecnici della misura, come il calcolo delle emissioni in base alle diverse razze di bestiame. Il governo può contare su un sistema già collaudato di registrazione delle attività agricole, ma secondo Niels Peter Nørring, direttore delle politiche climatiche presso il Consiglio danese dell’agricoltura e dell’alimentazione, potrebbero essere necessarie alcune integrazioni.

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