Se non hai mai sentito parlare di Eskilstuna, nessun problema. È una città industriale a un centinaio di chilometri da Stoccolma, in Svezia. Perché se ne parla, allora? Semplice: la città ha deciso di reinventarsi capitale del consumo circolare. Qui, infatti, si trova ReTuna, il primo centro commerciale al mondo interamente dedicato ai prodotti riciclati e di seconda mano.
Un progetto, questo, che nasce dieci anni fa e che, ora, celebra i suoi primi dieci anni di vita. Nato da un investimento pubblico, è cresciuto nel tempo, ed oggi ospita 22 attività e oltre 80 posti di lavoro. Insomma, una dimostrazione concreta che il second hand può essere una chiave per il successo. Ma non solo: con circa 360 mila visitatori ogni anno, ReTuna è oggi un punto di riferimento internazionale, che fa bene al portafogli e al Pianeta, perché capace di evitare l’emissione di 4 mila tonnellate di CO2 ogni anno.
Una storia emblematica, dunque. Ma che cosa accade su questo fronte in Italia? Secondo l’Osservatorio Second Hand Economy, il valore complessivo dell’economia dell’usato nel nostro Paese si aggira intorno ai 25 miliardi di euro, pari a circa l’1,3% del Pil. E allora siamo di fronte a un fenomeno che non è marginale, ma di un vero settore che coinvolge più della metà degli italiani, circa 24 milioni di persone. In particolare, secondo un’indagine condotta da iCRIBIS, le imprese con codici Ateco legati al commercio di articoli di seconda mano sono oltre 3 mila, distribuite in tutte le regioni, con una maggiore concentrazione nel Nord Italia.
La crescita è trainata soprattutto dal digitale: online, questo mercato vale circa 2,5 miliardi di euro, ed è in continua crescita. Anche i negozi fisici e i mercatini hanno un ruolo importante, soprattutto per quel che riguarda tessile, libri e mobili. Un comparto particolarmente dinamico, infatti, è quello della moda dell’usato: abiti, accessori e calzature di seconda mano valgono oggi più di 6 miliardi di euro, come evidenziato da una ricerca Confesercenti-Ipsos.
Distribuzione uniforme del fenomeno?
La mappa del second hand in Italia riflette in parte i divari economici e culturale del Paese. Infatti, secondo i dati, i negozi e le transizioni si concentrano soprattutto al Nord, favorito da un più alto livello di digitalizzazione e un reddito pro capite medio superiore. Nello specifico, a guidare la classifica è la Lombardia, con il 21% delle transizioni, a cui fa seguito il Lazio, con il 13%. Il Sud comunque mostra una crescita significativa: la Campania si distingue come vera e propria “regione di second hand lovers”, con il 63% dei cittadini che, nel 2023, dichiarava di acquistare o vendere prodotti di seconda mano.
Le grandi città però restano i poli principali per negozi fisici e vintage: Milano conta oltre 20 boutique specializzate, seguita da Roma e Firenze; Torino, da canto suo, si conferma centro vivace soprattutto per l’abbigliamento. Ma, come detto, a fare da traino è l’online, che contribuisce a uniformare l’accesso su tutto il territorio, anche in quelle zone meno servite.
L’impatto ambientale
Oltre al risparmio economico, la diffusione dell’usato ha un impatto sull’ambiente. Acquistare un oggetto di seconda mano, infatti, significa allungare la vita di un prodotto ed evitare la produzione di nuovi beni. Secondo le stime di Subito, nel 2022 la compravendita tramite la piattaforma ha permesso di evitare l’emissione di 2,7 milioni di tonnellate di CO2, un risultato paragonabile all’annullamento dell’impronta ambientale annua di 300 mila persone.
In quest’ottica, il settore tessile rimane una delle sfide più grandi. Infatti, come è noto, il settore della moda è uno dei più inquinanti, e in Italia solo il 10% circa degli abiti immessi su mercato viene raccolto in modo differenziato per il riuso o il riciclo. Ma i margini di miglioramento ci sono.
Dunque, se in Svezia l’esperienza di Eskilstuna ha generato un vero polo culturale e sociale, con corsi, laboratori e programmi educativi, da noi il fenomeno resta più frammentato e mancano modelli paragonabili a ReTuna. Le prospettive, però, sono incoraggianti: l’attenzione verso la circolarità nelle politiche europee e italiane è in crescita, e la sensibilità dei consumatori apre nuovi spazi di sviluppo. Insomma, non partiamo da zero. Serve però uno sforzo in più.