Alle porte di Aosta, dove le Alpi si aprono ai grandi corridoi verso Francia e Svizzera, è nata una piccola rivoluzione silenziosa.
A Brissogne, lungo la A5 Quincinetto–Aosta, è stata inaugurata la prima stazione autostradale italiana interamente dedicata ai veicoli elettrici: un’area di 5.500 metri quadrati, 27 stalli e 7 colonnine di ricarica – di cui 6 ultra fast da 350 kW – capaci di rigenerare le batterie in pochi minuti.
Il progetto, frutto della collaborazione tra Gruppo Astm (secondo operatore mondiale di reti autostradali in concessione) e Ionity (la joint venture europea fondata da Bmw, Mercedes-Benz, Ford, Hyundai e Volkswagen), è pensato come un modello di mobilità sostenibile lungo una delle direttrici più trafficate del Nord-Ovest.
“La posizione è strategica”, ci spiega Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club. “Davanti ad Aosta passano flussi importanti di turisti dalla Francia e dalla Svizzera, molti dei quali viaggiano già con auto elettriche. Nei prossimi anni il loro numero aumenterà, e dobbiamo essere pronti a offrire servizi adeguati.”
L’importanza delle reti
Silvestrini sottolinea come questa prima stazione sia “un tassello importante in un percorso che deve portare la ricarica elettrica fuori dalle città, lungo i grandi corridoi europei”. E aggiunge: “Con un numero crescente delle quattroruote elettriche, gli automobilisti devono poter contare su un’infrastruttura affidabile anche in viaggio. È un segnale che finalmente l’Italia sta capendo che la mobilità del futuro si costruisce sulle reti, non solo sui modelli di auto”.
Oggi nel Paese sono attivi circa 66 mila punti di ricarica, un dato che ci colloca “tra i più avanzati d’Europa, dopo Olanda, Belgio e Spagna”, spiega l’esperto. “Negli ultimi anni l’offerta è cresciuta, le auto hanno autonomie sempre più ampie — da 300 a 600 chilometri — e le colonnine ultra fast come quelle di Aosta aiutano a superare la cosiddetta ‘ansia da ricarica’. È una transizione ormai irreversibile”.
La nuova stazione valdostana, accessibile anche alle persone con disabilità e collegata direttamente all’area di ristoro della carreggiata Nord, nasce su un’area un tempo occupata da una barriera autostradale dismessa. Oggi è un simbolo concreto della riconversione ecologica delle infrastrutture: “Un passo nella direzione giusta,” commenta Silvestrini, “ma l’Italia resta indietro rispetto ad altri Paesi europei. Paghiamo ancora il ritardo con cui l’industria automobilistica nazionale ha creduto nell’elettrico. Ora bisogna recuperare terreno”.
Una sinergia che mancava
Per l’esperto, la chiave per accelerare è nella collaborazione: “Il modello Astm-Ionity è vincente perché unisce i gestori delle reti con i produttori di veicoli. È una sinergia che mancava e che può davvero fare la differenza. Fino a pochi anni fa non c’erano punti di ricarica in autostrada, oggi ne contiamo migliaia. È la dimostrazione che, quando pubblico e privato si muovono insieme, il cambiamento arriva”.
Ma la rivoluzione elettrica, avverte Silvestrini, “non può fermarsi alla singola auto”. Serve una visione integrata della mobilità, dove “il trasporto pubblico, il treno, la mobilità condivisa e dolce dialoghino tra loro. Le città devono ripensare i propri modelli di spostamento: meno auto private, più mezzi pubblici, più tram e infrastrutture leggere”.
Le resistenze culturali
Il direttore di Kyoto Club punta il dito anche sulle resistenze culturali: “In Italia l’auto elettrica è stata vista per troppo tempo come un lusso, o peggio come una moda. Ma oggi i dati parlano chiaro: le auto elettriche emettono meno della metà della CO₂ di un’auto a benzina nell’intero ciclo di vita, e presto arriveranno modelli più economici, anche grazie alla concorrenza cinese. L’elettrico si imporrà, è solo questione di tempo e di politiche coraggiose”.
A Brissogne, lì dove il rumore dei motori segnava le partenze, ora regna il fruscio discreto della ricarica elettrica. Un cambio di suono. E di paradigma.“Il mondo va verso le rinnovabili e l’auto elettrica”, conclude Silvestrini. “Potrà subire rallentamenti o accelerazioni, ma la direzione è segnata. La sfida è capire chi saprà guidarla, e chi invece resterà indietro a guardare”.