Il limite dell’etica in campo alimentare è incerto e continua a spostarsi. Ognuno ha una sua personale sensibilità: c’è chi rifiuta ogni alimento di origine animale; chi mangia le uova ma non la carne; chi sente una solidarietà con alcune specie perché sono più intelligenti di altre, chi mette nel piatto ogni sorta di animali. Mentre sul piano ambientale (tagliare l’impatto molto alto degli allevamenti intensivi) e su quello sanitario (ridurre il consumo di proteine nei Paesi ricchi) gli obiettivi sono ben definiti, l’etica rientra infatti nella categoria della filosofia e dunque nel regno della soggettività.
In maniera oggettiva si può però osservare l’evoluzione dei comportamenti. E questa evoluzione ci racconta la crescita della sensibilità verso le altre specie con cui condividiamo il Pianeta. L’ultimo episodio di questo percorso sta avvenendo in Cile. Un gruppo di deputati ha proposto una legge per vietare in tutto il Paese l’allevamento intensivo dei polpi. Una legge basata sulle nuove indagini che mostrano che questi animali sono dotati di caratteristiche molto particolari. Hanno un cervello complesso, comportamenti articolati e una sensibilità che la scienza continua a scoprire con stupore. Ci sono filmati in cui si vedono i polpi prendere con i loro tentacoli delle conchiglie e disporle con cura per arredare le loro case. È giusto fare di questi tentacoli ingredienti di una ricetta?
Quando l’etica arriva in cucina
La proposta cilena si inserisce in un dibattito che negli ultimi anni ha acceso il mondo della biologia marina e della bioetica. L’idea di trasformare i polpi in una nuova frontiera dell’acquacoltura industriale, sulla scia di tonni e salmoni, ha suscitato forti opposizioni. Sia per gli impatti ambientali che per le implicazioni etiche. I polpi sono carnivori, dunque il loro allevamento richiederebbe grandi quantità di pesce come alimento, con un bilancio ecologico pesante. E poi: è giusto far finire sulla tavola un animale capace di riconoscere volti, risolvere problemi, manipolare oggetti e persino “giocare”?
Un’intelligenza “aliena” in fondo al mare
Gli studi sull’intelligenza dei polpi riempiono ormai una piccola biblioteca scientifica. Già dagli anni Sessanta i biologi marini avevano notato che questi cefalopodi erano in grado di aprire barattoli, ricordare percorsi, imparare osservando altri individui. Ma le conferme più solide sono arrivate negli ultimi due decenni. Ricercatori del Queensland Brain Institute hanno mostrato che il rapporto cervello-corpo del polpo è tra i più alti nel regno animale, e che molti dei suoi neuroni non si trovano nel cervello ma nei tentacoli, i quali agiscono in modo semi-autonomo. In pratica, ogni braccio ragiona un po’ per conto suo: è come se il polpo fosse un sistema distribuito di intelligenze collegate da un filo di logica centrale.
Uno studio pubblicato su Current Biology ha documentato che i polpi possono imparare ad associare forme e colori a ricompense, mostrando memoria e capacità di apprendimento a lungo termine. Altri esperimenti del National History Museum di Londra e della Frontiers for Young Minds hanno descritto comportamenti considerati segno di intelligenza complessa: uso di oggetti come strumenti, esplorazione curiosa dell’ambiente, adattamento rapido ai cambiamenti. Alcuni etologi parlano persino di “gioco”, un’attività che finora si attribuiva solo ai mammiferi superiori.
Dal Regno Unito al Cile, cambia il modo di guardare ai cefalopodi
Questa crescente consapevolezza ha portato vari Paesi a riconoscere i cefalopodi come animali senzienti. Il Regno Unito, per esempio, nel 2021 li ha inclusi ufficialmente nella legge sulla protezione degli animali, dopo una revisione scientifica condotta dalla London School of Economics che ha stabilito che i polpi provano dolore, sofferenza e stress. È un riconoscimento che cambia le carte in tavola: se un animale è in grado di soffrire, il modo in cui lo trattiamo non è più una questione tecnica, ma morale.
C’è poi un’altra dimensione, più filosofica ma non meno reale: i polpi sono una delle forme di intelligenza più distanti dalla nostra, e forse per questo ci attraggono. Otto braccia, tre cuori, sangue blu e una mente distribuita che elabora informazioni con una logica aliena. Comprenderli significa misurarsi con un’altra possibilità della coscienza. Non sappiamo ancora quanto si avvicinino alla consapevolezza come la intendiamo noi, ma sappiamo che il loro comportamento non è puramente istintivo. Sono capaci di scelte, errori, esplorazioni.
Forse il punto non è se il polpo possa pensare, ma se noi siamo pronti a pensare diversamente il nostro rapporto con le altre forme di vita.