23 Ottobre 2025
/ 23.10.2025

Il respiro corto dei ghiacciai

Uno studio internazionale con Cnr-Isp e Cnr-Irsa avverte: entro un decennio i ghiacciai perderanno la capacità di autoraffreddarsi, accelerando la fusione

I ghiacciai, un tempo simbolo di solidità e lentezza geologica, stanno perdendo anche l’ultima difesa naturale contro il riscaldamento globale: la capacità di raffreddare l’ambiente che li circonda. È quanto rivela una ricerca pubblicata su Nature Climate Change e coordinata dall’Institute of Science and Technology Austria (Ista), con la collaborazione dell’Istituto di scienze polari (Cnr-Isp) e dell’Istituto di ricerca sulle acque (Cnr-Irsa) del Consiglio nazionale delle ricerche.

Il gruppo di lavoro ha sviluppato un modello matematico in grado di stimare quanto a lungo i ghiacciai potranno ancora contribuire a mitigare il clima. Lo studio si basa su un archivio di dati imponente: 350 stazioni meteo installate su 62 ghiacciai in tutto il mondo, con osservazioni raccolte in 169 campagne estive.

Il risultato non lascia spazio all’ottimismo: queste masse di ghiaccio raggiungeranno entro il prossimo decennio il punto massimo della loro capacità di autoraffreddamento. Dopo quel limite, la temperatura superficiale crescerà rapidamente e la fusione accelererà in modo esponenziale.

Quando il ghiaccio smette di difendersi

A rendere possibile questa “resilienza termica” è un fenomeno chiamato decoupling: una sorta di disaccoppiamento tra la temperatura del ghiaccio e quella dell’aria circostante, che consente ai ghiacciai di mantenere un microclima più freddo e di rallentare la fusione. Ma, avvertono gli autori, questo equilibrio è destinato a spezzarsi prima della metà del secolo.
“Possiamo parlare di resilienza dei ghiacciai alla fusione, proprio perché attraverso il raffreddamento dell’aria circostante si proteggono dal cambiamento climatico. Ma questo effetto non durerà a lungo”, spiega Franco Salerno, ricercatore del Cnr-Isp.

Quando il decoupling finirà, i ghiacciai perderanno la loro funzione di “condizionatori naturali” delle valli alpine, innescando un circolo vizioso che amplificherà la crisi idrica e l’instabilità dei versanti.

L’urgenza dei dati e la scarsità di osservazioni

Il problema, avvertono i ricercatori, è che le nostre conoscenze sono ancora parziali. La scarsità di osservazioni nelle regioni montane più remote rende difficile individuare le soglie critiche del cambiamento. “Abbiamo l’urgente necessità di espandere le reti di misurazione, soprattutto nelle aree poco rappresentate, per capire come evolveranno risorse idriche cruciali come i ghiacciai”, sottolinea Nicolas Guyennon del Cnr-Irsa.

In altre parole, la scienza sta correndo contro il tempo per misurare la febbre dei ghiacciai prima che questi smettano di respirare il freddo. Un conto alla rovescia che riguarda non solo il paesaggio alpino, ma anche la sicurezza idrica e climatica di milioni di persone.

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