13.10.2023
Materie prime, gas, petrolio e flussi migratori, temi caldi per il futuro dell’Europa in Africa. L’emergenza mediorientale interrompe l’agenda italiana nel continente nero. L’attenzione si sposta sull’eterno conflitto arabo israeliano che si riaccende duramente. Ma la corsa all’Africa rimane obiettivo primario, vitale e strategico per l’Europa di domani.
La visita di Giorgia Meloni in Mozambico e Repubblica del Congo rappresenta è un esempio emblematico dello scenario attuale dei rapporti tra il nostro Paese e il continente africano. Inizialmente previsto su due giorni, il viaggio del Presidente del Consiglio italiano è stato ridotto alla sola data odierna, con un tour de force di migliaia di chilometri tra la tappa mattutina a Maputo e quella pomeridiana a Brazzaville. L’emergenza della crisi mediorientale ha contribuito ad una ridefinizione del programma, data l’urgenza rispetto agli interessi italiani del conflitto tra Israele ed Hamas ed alla necessità di gestire uno scenario potenzialmente esplosivo in termini geopolitici e della sicurezza per l’area del Mediterraneo allargato. A subirne le conseguenze indirette potrebbe essere proprio l’ambizioso progetto di sviluppo dei rapporti con i Paesi dell’Africa subsahariana che, sotto il profilo della nuova strategia energetica italiana (ed europea) conseguente alla crisi Ucraina, rappresentano fornitori di gas naturale in grado di compensare, almeno in parte, il vuoto lasciato dalla ridefinizione dei rapporti con il gigante russo.
Alcuni Paesi africani sono tra i principali produttori ed esportatori di idrocarburi al mondo. Attualmente, il continente ha riserve di petrolio stimate in circa 130 miliardi di barili, circa il 7-8% del totale mondiale, ma con un incremento in due decenni abbondantemente oltre il 30%. L’ambito che sta crescendo maggiormente, anche a seguito del progressivo sganciamento dei consumi dalla componente petrolifera, è quello del gas naturale. Nel continente africano si sta verificando una significativa ondata di investimenti in attività esplorative ed estrattive, che si stima faranno crescere sia la produzione di gas naturale che il ruolo geoeconomico di molti Paesi africani. Proprio il Mozambico, con il quale l’Italia sta stringendo stretti rapporti, è il Paese dal quale proverrà il maggior incremento di gas naturale disponibile dalle riserve in pre-produzione (oltre il 40% del totale africano).
Inoltre, su molti Paesi africani fanno affidamento i piani di approvvigionamento minerario dell’Unione Europea, soprattutto per quanto riguarda le materie prime critiche, di cui il continente africano potrebbe essere fortemente dotato. Su queste risorse Bruxelles e buona parte delle cancellerie europee puntano per limitare l’attuale, quasi totale, dipendenza dalle filiere cinesi.
Non solo energia e materie prime, ma anche flussi migratori e cooperazione economico-commerciale, questi i gangli del cosiddetto «Piano Mattei per l’Africa»,
lanciato e sostenuto fin dall’ingresso a Palazzo Chigi di Meloni nel settembre 2023. Si tratta di una cooperazione di portata strategica per l’Italia e per l’Europa ma che, per essere effettivamente implementata, richiede tempo, volontà politica e risorse economiche che, al di là di qualche effettivo passo, come quello odierno, rischiano di rimanere in larga misura promesse non realizzate, soprattutto considerando che a «risucchiare» l’azione del governo italiano (e dei suoi partner europei) sono altri scenari geopolitici e geoeconomici, capaci di prendere il sopravvento.