28 Aprile 2025
/ 28.04.2025

Aiuto, si sono ristrette le rondini

È colpa della crisi climatica: incapaci di adattarsi e sempre più piccole nelle dimensioni, rischiano l’estinzione

Partono dall’Africa e dopo complessi e sfiancanti viaggi arrivano nel nostro Paese dalla seconda metà di marzo in poi e per questo da sempre le associamo alla primavera. Anzi, diciamo serenamente che le rondini sono il simbolo della primavera. Ma questo legame stretto con la stagionalità, con le temperature e con il caos climatico che registriamo in questi ultimi decenni, rischia di comprometterne la sopravvivenza. 

Quello che accade alle rondini è l’ennesima riprova, non che ne sentissimo la necessità, di quanto il climate change stravolga il pianeta e i suoi abitanti. Con la colonnina di mercurio che punta sempre più in alto, le dimensioni medie delle rondini comuni – nome scientifico Hirundo rustica – si sono ridotte, uno stravolgimento a tutti gli effetti. Uno stravolgimento che non è causato da un adattamento evolutivo ma è conseguenza di ambienti meno favorevoli a questi uccelli. Così poco favorevoli da mettere in discussione la sopravvivenza stessa della specie. 

Questa è la poco rassicurante sintesi dello studio condotto da un team del Dipartimento di Scienze e Politiche ambientali dell’università Statale di Milano, pubblicato su Journal of Animal Ecology. Protagoniste del report scientifico sono le rondini nidificanti nella Pianura Padana: i ricercatori le hanno seguite per un arco di tempo di 30 anni, dal 1993 al 2023. Decenni in cui è stato registrato “un calo significativo nella massa corporea, nella lunghezza dello sterno e delle ali” degli uccelli monitorati, “mentre il becco e le zampe non hanno subito variazioni altrettanto evidenti”. Gli scienziati si sono dunque domandati se questa alterazione fosse dovuta a un adattamento evolutivo o se ci fossero altre cause. 

“Da un lato – osservano gli autori – questo cambiamento è in linea con le regole ecogeografiche di Bergmann (dal biologo tedesco Christian Bergmann) e di Allen (Joel Asaph Allen, zoologo e ornitologo statunitense), che mettono in relazione le dimensioni degli animali e delle loro appendici (ad esempio code, zampe, becchi) con le
condizioni termiche dell’ambiente in cui vivono: nelle regioni calde sono più comuni animali di piccole dimensioni (regola di Bergmann) con appendici corporee estese (regola di Allen), rispetto agli ecosistemi
freddi. Gli animali di taglia piccola hanno infatti un rapporto tra superficie e volume maggiore rispetto agli animali più grossi. Questa caratteristica, amplificata dalla presenza di appendici corporee estese, consente una più efficiente dissipazione del calore, un chiaro vantaggio per gli organismi che vivono in ambienti caldi”.

“Il rimpicciolimento del corpo delle rondini, unito alla minima variazione di becco e zampe, sembrerebbe quindi coerente con un adattamento evolutivo all’aumento delle temperature primaverili-estive verificatesi nell’area di studio”, continua l’analisi. “Tuttavia, analizzando i dati relativi all’intera vita di quasi 9 mila individui diversi catturati e misurati in anni successivi, i risultati hanno mostrato che la selezione naturale non favorisce gli individui più piccoli, né in termini di sopravvivenza annuale né di numero di figli prodotti in ciascuna stagione riproduttiva. Al contrario, gli individui più grandi sembrano godere di un vantaggio riproduttivo maggiore, contraddicendo l’idea che la selezione favorisca una riduzione delle dimensioni corporee”. 

Cosa vuol dire tutto questo? Probabilmente che il fenomeno che abbiamo sotto gli occhi non è un cambiamento genetico come accade in un percorso evolutivo ma una risposta “estemporanea” al problema. Gli autori avanzano dunque un’ipotesi: “che i cambiamenti ambientali, come la diminuzione delle risorse alimentari e l’aumento delle temperature estive durante lo sviluppo dei pulcini, possano influenzare significativamente la morfologia delle rondini”. Una tesi che troverebbe “riscontro in altri studi recenti su diverse specie, che mostrano come un aumento significativo della temperatura nel nido porti a dimensioni corporee minori e becchi relativamente più grandi, senza però migliorare la sopravvivenza”.

Questi risultati – spiega Andrea Romano, professore associato presso il Dipartimento di Scienze e Politiche ambientali UniMi, primo firmatario dello studio – “sollevano interrogativi sulla capacità delle specie migratrici di adattarsi ai cambiamenti climatici. Se la diminuzione è una risposta plastica a condizioni ambientali peggiorate, la sopravvivenza a lungo termine delle rondini potrebbe essere compromessa”. Serve dunque cautela nel valutare e analizzare dati simili. Già qualche anno fa, uno studio condotto dall’Università del Michigan aveva evidenziato cambiamenti morfologici in 86 mila esemplari di specie migratorie studiate tra Nord e Sud America. La tendenza, anche in questo caso, portava ad una riduzione del volume. Non solo. Anche la tempistica dei loro viaggi stagionali risultava cambiata: alcuni volatili tendono oggi ad arrivare prima ai loro appuntamenti primaverili di accoppiamento. La raccolta dati procede ma come avvertono i ricercatori dell’università di Milano, occorre cautela nell’interpretare sistematicamente la riduzione delle dimensioni corporee degli animali e le nuove abitudini.

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