21 Novembre 2024
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Ambiente, Politica

Al voto nel nome dell’ambiente

08.06.2024

La sfida ambientale è al centro dell’attenzione, non solo dei nostri giovani in vista delle elezioni europee, ma dei giovani di tutto il mondo. Lo dimostrano i movimenti sempre più numerosi e le manifestazioni sempre più partecipate in ogni angolo del nostro Globo. Analisi approfondita.

Sono milioni i giovani che quest’anno – in Italia, in Europa e nel mondo – si recheranno alle urne per rinnovare le istituzioni. Milioni di ragazze e ragazzi che vivono vicini e lontani, in Paesi e continenti diversi. Eppure, molti di loro condividono un tratto comune: il protagonismo nella lotta al cambiamento climatico. E che la crisi ambientale sia al centro dell’agenda dei giovani lo dimostrano i movimenti sempre più numerosi e le manifestazioni sempre più partecipate in diversi angoli del mondo, dai Fridays For Future ai cortei e atti di protesta di Ultima Generazione. E con mezzo mondo che andrà al voto, il The Guardian, attraverso un’indagine, ha deciso di dar loro voce su quelli che sono i loro punti di vista sulle reali possibilità di un cambiamento. Ma che cosa è emerso?

Gli attivisti del clima di tutto il mondo condividono una profonda preoccupazione riguardo alle elezioni imminenti, vedendole come un punto cruciale per le politiche ambientali future, e temono che un possibile spostamento dei parlamenti verso destra possa indebolire ulteriormente le politiche verdi già osteggiate. Il Messico, per esempio, osserva con preoccupazione l’inondazione di materiale elettorale prodotto con materiale non sostenibile, vedendolo come un segnale di quanto i candidati poco si preoccupino della questione ambientale. E qui le elezioni sono vissute come una scelta tra continuare su una strada che sfrutta pesantemente le risorse fossili o cercare alternative meno dannose, con però poche opzioni realmente green. Rimanendo nel Nuovo Continente, negli Stati Uniti la scelta è tra un’amministrazione Biden che ha avuto sia successi che delusioni in ambito climatico e la prospettiva di un ritorno alle politiche negazioniste come quelle di Trump, in un sistema politico dove lobbismo e donazioni ambientali influenzano le politiche federali in un contesto spesso non progressista.

Spostandoci in Europa, invece, cambiano i termini ma non la sostanza: a preoccupare il Regno Unito, per esempio, è la mancanza di politiche che garantiscano una “transizione giusta” per i lavoratori del settore fossile verso l’energia pulita, con un governo conservatore che favorisce le compagnie petrolifere a discapito delle rinnovabili. Anche in Oriente, in particolare in India, cambiano le parole, ma non i fatti: i manifesti elettorali presentano slogan sul cambiamento climatico, ma senza diventare un tema davvero importante per il voto. Insomma, mal comune, mezzo gaudio. E quella che poteva essere una reale occasione per ripartire dall’ambiente, per ripartire dal clima e per ripartire dai giovani ha tutto il potenziale di essere l’ennesima delusione, per l’ambiente, per il clima e per i giovani.

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