Nel 2050 il 50% dell’intera popolazione mondiale sarà colpita da allergie. La proiezione è dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). E dietro il forte aumento del numero di casi di malattie allergiche e respiratorie c’è il cambiamento climatico, responsabile già di una crescita del 30% del numero dei casi di allergie rispetto a 20 anni fa.
L’allarme è stato rilanciato nel corso del XXVII Congresso Nazionale della Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica (Siaip), che si è svolto a Pavia nei giorni scorsi.
Il cambiamento climatico, con una riduzione delle giornate di gelo, allunga di un mese e mezzo (45 giorni) la stagione dei pollini che inizia in primavera e si prolunga ormai fino all’autunno, allungandosi di 20 giorni. Un fenomeno che ha pesanti conseguenze proprio tra chi soffre di allergie, ovvero oltre 9 milioni di italiani. Si tratta, in particolare, di bambini affetti da asma, 1 su 5 in Italia, e di anziani con problemi respiratori, il 17% degli over 65, tra i quali si registra un rischio più alto di decessi dovuti all’esposizione ai pollini. Si segnala infatti un aumento fino al 116% del rischio di morte tra gli anziani con malattie respiratorie croniche.
L’allungamento della stagione dei pollini è dovuto al maggior numero di giornate senza gelo. Nel 2023, ad esempio, si sono registrati 10 giorni senza gelo in più rispetto alla media del trentennio 1991-2020.
Ma la stagione dei pollini, a causa del cambiamento climatico, non è solo più lunga ma anche più intensa per l’inquinamento che intrappola il calore. Secondo una ricerca Usa del 2022, alla fine del secolo l’aumento della produzione di pollini potrebbe arrivare fino al 200%.
In generale, l’ambiente pesa per il 70% sul rischio di sviluppare allergie, la genetica solo per il 30%. A pagarne il prezzo più alto sono i bambini. Secondo uno studio svedese l’esposizione a pollini nei primi mesi di vita o addirittura nella vita intrauterina è associata a una maggiore probabilità di sensibilizzazione allergica e all’insorgenza di malattie respiratorie. Si stima che nei bambini sotto i 4 anni vi sia stato un incremento a livello globale del 17% nei casi di asma.
Un’emergenza legata anche alla minaccia crescente rappresentata dalle muffe. L’aumento delle precipitazioni e delle inondazioni altra conseguenza del cambiamento climatico, favorisce la proliferazione delle spore di Alternaria e Cladosporium, note per il loro ruolo scatenante nelle allergie respiratorie e negli attacchi d’asma.
Secondo i dati di ‘Save the Children’, in Italia l’8,4% dei piccoli tra i 6 e i 7 anni soffre di asma correlata all’inquinamento dell’aria, in particolare PM2,5 e PM10 che penetrano profondamente nei tessuti respiratori. L’ 81,4% di essi vive in zone inquinate da polveri sottili, il 100% in 8 regioni: Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Trentino e Veneto.