Un bottino stimato in decine di migliaia di euro, nascosto in casse da trasporto e con l’origine asiatica celata da targhette fasulle: è il copione del traffico illegale di animali selvatici a Fiumicino. Questo business criminale, che evade i divieti di importazione europei, si conferma il quarto mercato criminale globale dopo droga, armi ed esseri umani.
Con la sua cargo city, lo scalo aeroportuale romano si conferma uno degli hub cruciali, sia come destinazione finale che come tappa di transito, di questo commercio illecito. I recenti dati, rielaborati dall’agenzia Agi, del Gruppo Cites della Guardia di Finanza di Fiumicino, specializzato nel contrasto al commercio di specie protette dalla Convenzione di Washington, fotografano un’impennata del fenomeno.
Falchi, rettili e pipistrelli: una galleria di illegalità
L’attenzione della Finanza si concentra su un flusso costante di fauna prelevata illegalmente dai loro habitat naturali. Ne sono un esempio i due rari esemplari di falco pellegrino intercettati di recente, spediti dagli Emirati Arabi e dal valore stimato in decine di migliaia di euro. Il loro ritrovamento, con targhette finte applicate alle zampe per occultarne la provenienza, ha portato al sequestro e alla denuncia del “proprietario” per falso e introduzione illecita di fauna in via di estinzione.
Ma la casistica è vasta e spazia ben oltre i rapaci. Nel 2024, solo a Fiumicino, sono transitate illegalmente oltre 150 mila tartarughe, 7.600 rettili, 24 mila pesci tropicali
Nei primi otto mesi del 2025, i sequestri si sono concentrati principalmente su 1.500 pesci tropicali, 20 esemplari di corallo vivo e 25 di corallo morto.
L’alta moda e il rischio estinzione
Il traffico non riguarda solo gli animali vivi per gli acquari o il mercato dei pet esotici, ma anche prodotti di pelletteria e oggetti da collezione. Nello stesso periodo, sono stati intercettati venti prodotti di pelletteria. Tra questi, stivali etichettati come “pelle di bovino” ma in realtà rivestiti in pelle di coccodrillo, destinati al mercato nero dell’alta moda e con un potenziale di guadagno fino a 4.000 euro al paio. A questi si aggiungono 20 coralli vivi, specie protetta e non commerciabile.
Il luogotenente Candeloro Calabrò, a capo dell’unità Cites di Fiumicino, coordinando le operazioni con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ha sottolineato all’Agi la gravità del problema: “È un fenomeno criminale che minaccia la conservazione delle specie in natura”. Se l’avorio e il corno di rinoceronte sono gli esempi più noti, si aggiungono il commercio illecito legato all’orso malese (per bile, zampe e artigli) e ai coralli marini.
L’Italia, come hub, vede arrivare prevalentemente specie marine e rettili, in particolare tartarughe dalla Cina. Le tartarughe sono anche tra i principali animali esportati, seguite da pappagalli e, in misura minore, rapaci per la falconeria.
Il presidio dell’unità Cites a Fiumicino si rivela quindi un cruciale “scudo” non solo per individuare il traffico illegale e assicurare i responsabili alla giustizia, ma anche per “assicurare che le condizioni di trasporto degli animali siano garantite a tutela del loro benessere”, ha concluso Calabrò. Dopo la scoperta dell’illecito, gli animali vengono immediatamente affidati a centri specializzati per il recupero.