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Cultura

Anno bisestile, storia di un calcolo colmo di eccezioni

28.02.2024

Tra imperatori romani e Papi, la tradizione di inserire ogni quattro anni un giorno in più, proprio al mese di febbraio, risale a Giulio Cesare. Ma nel corso dei secoli si sono verificati diversi problemi, partiti con la decisione di ripetere due volte il 25 febbraio, per poi arrivare a una regola piena di eccezioni.

In questo 2024 torna come ogni quattro anni (o quasi) il 29 febbraio. Siamo, infatti, in un anno bisestile, innovazione del calendario che risale addirittura all’epoca dell’Impero Romano. Il motivo è che l’anno solare ha una durata leggermente superiore rispetto a quello civile: la rotazione della Terra intorno al Sole si completa per la precisione in 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi, circostanza già nota ai tempi di Giulio Cesare.
Fu proprio quest’ultimo a ordinare nel 46 a.C. un giorno in più nel calendario, dando così vita al “calendario giuliano”: ciò è documentato da Svetonio nelle “Vite dei Cesari”, dove si apprende che in quell’anno ci fu per due volte il 25 febbraio. Il nome “bisestile” deriva invece da “bis sextus dies”: quello che si ripeteva (bis) era infatti il sesto giorno (sextus dies) contando a ritroso dalle Calende di marzo. Che, per i romani, coincidevano con il Capodanno (che fu anticipato al 1° gennaio dallo stesso Giulio Cesare). Il Pontefice Massimo era convinto che il 46 a.C. sarebbe stato il tanto atteso “ultimus annus confusionis”, ma non fu così.
Svetonio spiega che nell’antica Roma i Pontefici, consapevoli della necessità di allungare il calendario per «pareggiare» le ore in eccesso, avevano nel tempo aggiunto altre giornate all’anno civile in maniera meno scientifica. Questo aveva creato grossi problemi soprattutto alla vita agricola, con le feste del raccolto che non coincidevano più con l’estate e quelle della vendemmia che non avevano più luogo in autunno. Ebbene: Giulio Cesare fissò la regola di aggiungere un giorno ogni 4 anni, sempre a fine febbraio.

Ciò che non capì è che non basta aggiungere un giorno ogni 4 anni per andare di pari passo con la rotazione terrestre. Il risultato fu che nel XVI secolo si arrivò ad avere circa 13 giorni «di anticipo» del calendario solare rispetto a quello civile. A intervenire fu quindi Papa Gregorio XIII nel 1582, e nel modo più radicale possibile: cancellando del tutto 10 giorni. In quell’anno, per sua decisione, si passò direttamente dal 4 al 15 ottobre.
Per questo motivo, il calendario che utilizziamo oggi è detto “gregoriano”, e presenta regole leggermente più complesse, ma al contempo una maggiore precisione. Oggi sono bisestili tutti gli anni divisibili per 4, tranne quelli che concludono un secolo e aprono quello successivo: gli anni che si possono dividere per 100. Anche tra questi, però, c’è un’eccezione: quelli divisibili per 400 aggiungono il giorno in più. Ecco perché il 2000 ha avuto il 29 febbraio, mentre il 1900 non l’ha avuto e il 2100 non lo avrà.
Dunque, la spiegazione per cui ogni quattro anni (o quasi) febbraio si conclude un giorno dopo, è scritta nel Sole. O, ancora meglio, nella rotazione del nostro Pianeta attorno ad esso. Già il calendario giuliano lo aveva capito, pur aggiungendo un intero giorno di troppo ogni 128 anni. Quello gregoriano è molto più accurato, con lo stesso errore che si ripresenta “solo” ogni 3323 anni. E questo ci porta a dire che il prossimo intervento correttivo, comunque vada, non riguarderà nessuno di noi.

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