9 Marzo 2025
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Artico, entra in campo la Cina

Il cambiamento climatico ha aperto una corsa all’Artico. Quella delle alte latitudini è una frontiera fragile, perché il suo ecosistema si basa su equilibri delicati. Ma è anche una frontiera dalle grandi implicazioni strategiche ed economiche. Al circolo polare artico le grandi partite in gioco sono tre: lo sfruttamento delle risorse minerarie dell’area, le rotte marittime artiche, la presenza militare. E l’attore chiave di questa fase storica è la Cina, che non affaccia sull’artico e anzi ne dista almeno 1.400 chilometri, eppure reclama la propria fetta della torta artica.

La strategia di Pechino

“Nel gennaio 2018 – scrive l’analista Marco Volpe per The Arctic Institute – la leadership cinese ha ufficialmente reso nota la sua strategia per l’Artico attraverso la pubblicazione di un libro bianco. Il documento presenta un’istantanea dello stato attuale della regione artica, illustra le opportunità di collaborazione che la regione offre alla comunità internazionale e chiarisce perché la regione polare è estremamente importante per la leadership cinese. L’intera strategia si basa sul principio della Cina come Stato vicino all’Artico”.  “Near arctic” è un concetto subito contestato dagli Stati Uniti, secondo i quali non esiste una categoria simile, o si è Stati artici o, semplicemente, non lo si è.

Secondo il documento la Cina vuole “perseguire una strategia di sviluppo economico della regione che preveda l’apertura dell’Artico allo sviluppo cinese e l’attribuzione alla Cina di una posizione paritaria rispetto alle altre nazioni artiche”. Centrale nella strategia cinese è l’accesso – attraverso l’acquisizione di licenze di prospezione ed estrazione – alle ingenti risorse minerarie della Groenlandia, da unire all’acquisizione di infrastrutture sul suolo groenlandese, in particolare porti. Non meno importante è poi il controllo delle rotte artiche, via commerciale resa possibile dal processo di deglaciazione in atto.

Uno studio della Brown University ha previsto che entro il 2065 la navigabilità dell’Artico aumenterà tanto da poter creare nuove rotte commerciali in acque internazionali, non solo riducendo l’impronta di carbonio dell’industria navale ma anche indebolendo il controllo della Russia sul commercio nell’Artico. Dal 1982, infatti, la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare conferisce agli Stati costieri dell’Artico una maggiore autorità sulle rotte marittime primarie. L’articolo 234 della Convenzione stabilisce che, in nome della “prevenzione, riduzione e controllo dell’inquinamento marino causato dalle navi”, i Paesi le cui coste sono vicine alle rotte marittime dell’Artico hanno la possibilità di regolare il traffico marittimo della rotta, a patto che l’area rimanga coperta dai ghiacci per la maggior parte dell’anno.

Per decenni la Russia ha utilizzato l’articolo 234 per i propri interessi economici e geopolitici. Una legge russa impone infatti che tutte le imbarcazioni che attraversano la Northern Sea Route siano pilotate da russi. Il Paese richiede inoltre che le imbarcazioni di passaggio paghino un pedaggio e comunichino in anticipo i loro piani di utilizzo della rotta. La pesante regolamentazione è uno dei tanti motivi per cui le principali compagnie di navigazione, dovendo trasportare merci dal Giappone, la Corea o la Cina, Paesi dai quali l’uso di una rotta polare per l’Europa o il Nordamerica sarebbe vantaggioso, preferiscano passare da Suez o Panama.

Ma una volta che sarà possibile transitare nell’oceano artico usando le acque internazionali tutto cambierà. E la Cina vuole cogliere l’opportunità di aprire una “Polar silk route”. Ha oggi due navi rompighiaccio pienamente operative – Xue Long e Xue Long 2 – con le quali effettua studi idrografici propedeutici all’apertura della nuova rotta, e sta testando i primi viaggi di navi commerciali. “Nel 2023 la Repubblica Popolare – ha osservato in un report dell’Ispi Angela Bergantino, docente all’università di Bari – ha effettuato sette transiti lungo questa rotta, incluso uno controverso in cui una nave cinese ha danneggiato un gasdotto, tracciando così un embrione di primo servizio regolare di trasporto container tra Asia ed Europa attraverso i mari artici. La compagnia New Shipping Line ha annunciato nel 2024 che intende incrementare ulteriormente il numero di transiti e aumentare la flotta di navi attrezzate per affrontare i ghiacci”. Con il cambiamento climatico in atto, nulla sembra poterla fermare.

(2. Segue)

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