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ATP Finals, Vince Novak Djokovic, ma per l’Italia nasce un campione

20.11.2023

Novak Djokovic e il trofeo Nitto ATP Finals 2023, Janik Sinner dopo la sconfitta.

Il peso delle aspettative beffa sul più bello Jannik Sinner. Djokovic vince il torneo per la settima volta davanti a una folla di spettatori. Ma rimane la scoperta del più grande tennista italiano di tutti i tempi, e si riparte subito: all’orizzonte c’è la Coppa Davis.

Ogni tanto dimentichiamo che la vita non è come un film, in cui il regista può disegnare il finale preferito. A volte la fiaba trova il suo compimento, ma più spesso la realtà rifila un sonoro ceffone all’aspirante sognatore. Lo hanno pensato i 15.000 che hanno affollato il Pala Alpitour di Torino per la finale del torneo che un tempo si chiamava “Masters” e raduna i migliori otto del mondo, l’unico a giocarsi con la formula dei gironi all’italiana.

Forse lo avrà pensato anche Jannik Sinner dopo la sconfitta contro Novak Djokovic, che ha cancellato il sogno di conquistare (almeno per ora) un titolo inedito per il tennis italiano. E pensare che – maledetta formula! – gli sarebbe bastato perdere contro Holger Rune nella notte di giovedì per eliminare il serbo dalle semifinali e, chissà, disegnare un finale diverso. Sinner ha “salvato” Djokovic dopo averlo battuto, se lo è ritrovato in finale e ci ha perso, anche piuttosto nettamente. 6-3 6-3, senza particolare storia.

Per la ventesima volta nella storia delle ATP Finals (nome attuale del torneo) si sono affrontati in finale due giocatori che si erano già sfidati nel girone. E per la dodicesima si è imposto chi aveva perso qualche giorno prima. E così Novak Djokovic aggiunge altri numeri al suo pallottoliere: 98 titoli (terzo alle spalle di Connors e Federer), sette Masters (record assoluto) e 400 settimane da numero 1.

Sinner non deve in alcun modo recriminare per aver scelto di essere sportivo e “tenerlo in vita”: ci si comporta così, nel tennis e non solo. Semmai dovrà imparare da una finale giocata maluccio, in cui è stato l’ombra del fenomeno che soltanto cinque giorni prima aveva battuto lo stesso avversario. Semplicemente, ha giocato male. Fino al giorno prima, tante palle prendevano fuoco dopo l’impatto con la sua racchetta; domenica sera si sgonfiavano in rete o svolazzavano fuori dalle righe. Si chiama tensione, ancor più accentuata se manca l’esperienza. Sinner ha appena 22 anni ed era alla sua prima finale davvero importante, mentre Djokovic ne ha giocate a decine. Il serbo ha servito con percentuali familiari a quelle che teneva il suo coach, Goran Ivanisevic, non a caso soprannominato Mr. Ace. E poi ha aumentato di un metro, un metro e mezzo, la lunghezza dei suoi colpi. Tanto è bastato per mandare in cortocircuito un Sinner timido, un po’ sdrucito, la cui mente ha patito l’importanza dell’evento, a partire dalla diretta su Rai Uno e i milioni di occhi appoggiati su di lui. Fa niente: ripartirà l’anno prossimo da numero 4 del mondo e salirà ancora. Anzi, no, c’è un altro evento da giocare: le Davis Cup Finals, a Malaga, in cui l’Italia va a caccia di un successo che manca dal 1976. Sinner ci sarà: dovessimo battere l’Olanda nei quarti, in semifinale potrebbe esserci la Serbia, dunque un altro scontro diretto contro Djokovic.

Il tennis è bello proprio per questo: puoi subire la sconfitta più atroce, ma il giorno dopo hai un’altra chance, un nuovo obiettivo da inseguire. È il modo migliore per mettersi alle spalle una delusione. E questo, Jannik, lo sa.

 

Credito fotografico: crediti: Sposito/FITP

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