09.08.2024
Quante siano di preciso, difficile dirlo. Spesso vengono “smontate” per poi ricomparire pochi giorni dopo zone diverse, rendendo il censimento complicatissimo. Tra degrado, incendi, sicurezza e sanità, i cittadini chiedono una soluzione definitiva che sembra non arrivare mai. Dettagli e approfondimento.
È una situazione ormai fuori controllo quella delle favelas romane: secondo i rilevamenti della polizia locale sarebbero oltre 340. Quante siano di preciso, difficile dirlo. Le cosiddette baraccopoli, infatti, spesso vengono “smontate” per poi ricomparire pochi giorni dopo in una zona diversa, rendendo il censimento complicatissimo.
Il fenomeno, inoltre, non è circoscritto, ma sembra diffuso a macchia d’olio su tutto il territorio della capitale, anche se in alcune aree è più marcato che in altre. Per esempio, nel I Municipio – la zona più centrale, che include il centro storico, la zona della stazione Termini e si estende dalla Città del Vaticano fino a Ponte Milvio – sono stati individuati ben 125 baraccopoli, di cui 12 nel centralissimo quartiere Prati. Anche il Municipio III, il Nomentano, registra una situazione problematica, con 32 micro-insediamenti, a cui fa seguito, per numerosità, la zona di Monte Mario (XIV Municipio), con 26 accampamenti individuati. Proprio il recentissimo incendio che il 31 luglio ha devastato Monte Mario, con ogni probabilità partito da uno degli insediamenti abusivi, che ha riportato la questione sotto i riflettori, una questione contro cui, però, cittadine e cittadini chiedono da tempo una soluzione.
E una soluzione serve, perché le problematiche che gravitano intorno alle baraccopoli sono molteplici. Prima di tutto il degrado ambientale: l’accumulo dei rifiuti non gestiti provoca un grande inquinamento del suolo e delle acque, e, come l’episodio di Monte Mario ha dimostrato, per l’ennesima volta, facilita l’innescarsi di incendi. Ancora, sicurezza e ordine pubblico: spesso le abitazioni in queste favelas sono costruite con materiali di fortuna, risultando precarie e pericolose. Inoltre, la mancanza di controllo in queste aree favorisce l’attività criminale, con episodi frequenti di furti, rapine e violenze.
Altra questione, quella sanitaria: le condizioni igieniche nelle baraccopoli sono spaventose: l’assenza di servizi igienici e acqua potabile facilita la diffusione di malattie infettive. Il che mette a rischio non solo gli abitanti degli accampamenti, ma anche la comunità circostante. Un problema, questo, che va dunque preso di petto e con una certa urgenza. Intanto le istituzioni, anche in vista del Giubileo del 2025, che prenderà il via il 24 dicembre prossimo e durerà fino al 14 dicembre 2025, si stanno muovendo per arginare il fenomeno. Oltre a un costante tentativo di censire le baraccopoli, si lavora per rafforzare i sistemi di accoglienza non solo a lungo termine, ma anche le strutture a bassa soglia, come per esempio tensostrutture che possano ospitare poche persone e per breve tempo.
Dunque, come tutte le questioni sociali non c’è una soluzione unica, immediata e permanente, ma richiede un impegno costante da parte delle istituzioni. Non solo in occasione dei grandi eventi.